Paradigmi e proverbi

La caccia | Trasmessa il: 05/16/1999



Dunque, la guerra, nonostante le ottimistiche previsioni di pochi giorni fa, non è finita ieri.  Ci si è ripresentata con il suo volto più spaventoso, quello dei massacri di quelle popolazioni civili in nome e per conto delle quali alcuni sostengono di combatterla, riguadagnando sulle prime pagine quello spazio che per poco aveva perso a favore di altre, meno drammatiche, attualità.  E di fronte all’ennesimo “errore” della NATO, su quelle prime pagine, si moltiplicano – adesso – prese di distanza e interrogativi.   Commentatori che, all’inizio dei raid sulla Serbia, non avevano dubbi sull’opportunità (o il dovere) di ricorrere ai bombardamenti per ristabilire in Jugoslavia la democrazia e la tolleranza etnica, si rendono conto che, dopo quasi due mesi, quell’obiettivo può dirsi clamorosamente mancato e che non si vede come, continuando così, ci si possa illudere di conseguirlo. Per cui, non solo abbiamo la guerra in casa, come stanno scoprendo a loro spese i pescatori di Chioggia e gli albergatori di Rimini, ma abbiamo in casa una guerra inutile e fallimentare.  Sarà per questo che ieri, sul “Corriere della sera”, Sergio Romano si permetteva di consigliare a Clinton di congedare il generale Clark, salutare la signora Albright, pregare il fedele Blair di occuparsi dell’Irlanda e prendere una qualche iniziativa politica basata sull’assunto per cui “vi è un punto al di là del quale la guerra crea problemi che nessuno Stato è capace di risolvere”.  Che è appunto quanto il movimento pacifista ripete con ostinazione dall’inizio del conflitto e per fortuna che ci è arrivato anche lui.
        C’è, tuttavia, un particolare sul quale mi sembra valga la pena di riflettere.  Il carattere apertamente fallimentare di questa guerra contrasta ogni giorno di più con la determinazione e la risolutezza con cui la si continua a combattere e la si vuole continuare a combattere, a costo di creare “incidenti” cui non crede nessuno, come quello dell’ambasciata cinese, ogni volta che si affaccia una, sia pur timida, prospettiva di tregua.  E non credo che la contraddizione si possa spiegare, come si fa di solito, con la ben nota cocciutaggine e la scarsità di buonsenso dei militari di professione.  In tutto il mondo, il grado di imbecillità negli alti comandi è indubbiamente tra i più elevati che si possano riscontrare, ma le responsabilità non vanno cercate tutte a quel livello.  E poi Clinton, probabilmente, non sarà mai quel “nuovo Bismarck” che Sergio Romano gli augura di diventare, ma, quando è riuscito a tenersi lontano dalle stagiste, ha dimostrato di sapere quello che vuole.  E se oggi ci troviamo di fronte a una guerra che non riesce a mettere fuori combattimento un qualsiasi Milosevic né a fermare la pulizia etnica nei Balcani, e anzi crea in quell’area dei danni cui sarà difficile rimediare in futuro, ma in compenso ha destabilizzato la Russia, sta mettendo nei guai i governi europei alleati e chiama in causa la posizione mondiale della Cina…be’, andiamoci piano a pensare che si tratti di un fallimento dovuto all’inettitudine.
        In fondo, come direbbero i cultori di epistemologia, è tutta una questione di paradigmi.  Se diamo per scontato quel che ci raccontano i vari Sergio Romano, cioè che lo scopo della guerra è stato fin dall’inizio quello di risolvere, con una certa pressione controllata, alcuni fastidiosi problemi balcanici e basta, i conti proprio non tornano.  Le anomalie cui non si riesce a trovare un sanatore sono troppe e non c’è barba di “scienza normale” che possa risolvere i “rompicapi” che ne derivano, tanto per servirsi della ben nota terminologia di Thomas S. Kuhn.  Se cambiamo il quadro, se ipotizziamo che a Clinton, o a chi per lui, interessasse soprattutto mettere nei guai gli alleati europei, destabilizzare ulteriormente la Russia e chiamare in causa la posizione mondiale della Cina, il discorso è tutto un altro.  Secondo questo paradigma, procedere a tutto vapore, chiudendo ogni possibile spiraglio di pace, a costo di provocare qualche occasionale “catastrofe umanitaria”, che tanto chi se ne frega dei Balcani quando è in ballo il controllo del mondo, è una scelta assolutamente logica e razionale.  Forse varrebbe la pena di farci un pensierino.
        Naturalmente, nell’una e nell’altra ipotesi il ruolo dei governi europei, centro sinistra italiano in testa, resta lo stesso: quello di chi antepone alla sudditanza agli Stati Uniti gli interessi autentici del proprio paese.  Ma questa non è colpa dell’epistemologia.  E d’altronde quale sia il prestigio che si è guadagnato nel mondo il governo italiano con la sua sofferta partecipazione alla guerra lo ha dimostrato lo stesso Congresso USA, con la sua decisione dell’altroieri sul risarcimento alle vittime del Cermis.   Non per niente c’è un vecchio, volgare proverbio che ricorda cosa succede a chi si fa trovare sempre in posizione china.

16.05.’99