Ovvietà impreviste

La caccia | Trasmessa il: 01/13/2008


    Raffaele La Capria, in un suo intervento sul “Corriere” di mercoledì sostiene che “è l'Italia il vero problema di Napoli”. La tesi, in realtà, è meno paradossale di quanto appaia a prima vista, ma non è questa la sede per discuterla. È forse più interessante, dal nostro punto di vista, il fatto che il noto scrittore definisca la crisi spazzaturiera in atto nella sua città nei termini di una “catastrofe che all'improvviso, come uno tsunami, ha riversato tonnellate e tonnellate di monnezza maleodorante nelle strade di Napoli e della Campania”. È un paragone che non manca di una sua efficacia, perché nessuno può negare la drammaticità dell'immagine e dell'evento cui si riferisce, ma converrete anche voi che è fuorviante in massimo grado. Non c'è nulla nella situazione napoletana di oggi, che possa far pensare a una di quelle catastrofi naturali che si abbattono, come una gigantesca onda anomala, impreviste e imprevedibili su una costa ignara e indifesa. Questo genere di tsunami, al contrario, era perfettamente prevedibile ed era stato, di fatto, largamente previsto. Che le grandi città producano ingenti quantità di rifiuti, il cui smaltimento comporta, in ogni caso, la soluzione di una quantità impressionante di problemi logistici e amministrativi, non è un mistero per nessuno ed è da almeno quattordici anni che si parla dell'emergenza ecologica in cui versa quella disgraziata area metropolitana, che si nominano ad hoc dei commissari straordinari, che si stanzia, in via altrettanto straordinaria, una quantità di denaro e che, visto che nulla di tutto ciò sembra giovare al governo della situazione, si cercano delle spiegazioni in qualche modo alternative alla messa sotto accusa della vorace inettitudine dell'intero ceto dirigente locale. L'unica soluzione in tal senso, finora, è stata quella enfatizzare il ruolo e le responsabilità della criminalità organizzata, come se si trattasse di una sorta di ente esterno, affatto estraneo alle strutture politiche e organizzative dell'area e della regione, un qualcosa che basterebbe – potendo – rimuovere perché tutto ricominci a funzionare come un orologio svizzero. In realtà, è probabile che l'intervento della camorra sia più una conseguenza che una causa della debacle amministrativa in atto, né d'altronde è necessaria una sagacia particolare per capire che, dopo tre lustri di emergenza irrisolta, il pericolo che tutto il sistema si avviti su se stesso è piuttosto alto.
    Eppure ci siamo cascati un po' tutti. Non so voi, ma ben pochi, ai primi di dicembre, si aspettavano quello che si sarebbe visto appena un mese dopo: le strade bloccate dai mucchi di rifiuti, le proteste e gli scontri di piazza, i roghi, le aggressioni ai pompieri, la guerriglia organizzata, l'intervento dell'esercito, l'intero apparato dell'informazione mobilitato per rendere ragione di questo “improvviso” assommarsi di anomalie. Tutto questo ha colto di sorpresa anche coloro che meno avevano, per funzioni e competenze, motivo di sorprendersi. E si capisce: è tipico delle società mediatiche come la nostra l'uso di creare senza preavviso gli eventi di cui autoalimentarsi, di scegliere quali crisi dare in pasto di volta in volta al proprio pubblico. È come se quella che fino a poche settimane fa veniva percepita come una situazione di ordinario disagio sia stata ricategorizzata da un momento all'altro come una emergenza insostenibile. Succede spesso e il risultato è sempre quello: il fenomeno, una volta scatenato, si rivela inarrestabile, finché non ne venga esaurita ogni possibilità di sfruttamento, appunto, mediatico. Se non se ne fosse parlato, certo, la crisi non ci sarebbe, ma parlato se ne è e dunque bisogna continuare a parlarne, perpetuandola nella coscienza comune finché i riflettori dell'opinione pubblica non si sposteranno su qualcosa d'altro.
    Ora, come ricorda anche l'amico Accame nel suo recente volume su L'anomalia del genio e le teorie del comico, la ricategorizzazione improvvisa di una serie di dati precedentemente concepita in altri termini è comunemente considerata una delle fonti della comicità. In questo caso, tuttavia, c'è ben poco da ridere, se non forse dell'insipienza dimostrata, per l'ennesima volta, dalle autorità nazionali e locali. Sommamente comica, per esempio, non può non apparire l'idea di tagliare il nodo della crisi conferendo i pieni poteri all'ex capo della polizia, nulla, nel cui pur imponente curriculum, sembrava indicare una qualsiasi competenza nel delicatissimo campo dello smaltimento rifiuti. Ma anche questo si spiega: la classe dirigente italiana ha sempre fermamente creduto nella propria innocenza e, quindi, nella colpevolezza altrui e quello di identificare dei colpevoli ignoti è uno dei compiti che l'immaginario popolare affida comunemente alla polizia. Per non dire che anche a Palazzo Chigi e al Viminale leggono i giornali e guardano la televisione, per cui se televisione e giornali danno soprattutto risalto, come succede di questi giorni, ai problemi di ordine pubblico, è in quei termini che i nostri governanti, pur negandolo, saranno portati a intervenire. E poi quella nomina, per ora, fa notizia e riscuote consensi, tutte cose, dal punto di vista politico, assai più interessanti del banale problema logistico di rimuovere la spazzatura. No, francamente, c'è ben poco da ridere.


C. O.




    Nota

    Il volume di Felice Accame, di cui sarà il caso di occuparsi più ampiamente ex professo in futuro, è edito dalla :duepunti edizioni di Palermo.