Mitologia politica

La caccia | Trasmessa il: 01/27/2008


    Narravano gli antichi che, un giorno, tra Zeus ed Era – Giove e Giunone, se proprio vogliamo chiamarli alla latina – scoppiò una lite su quale dei due sessi traesse il maggior piacere dal fare all'amore. Secondo Zeus erano le femmine, sia donne che dee, mentre Era riteneva che fossero i maschi e capirete che, in mancanza di una criteriologia comune riconosciuta, la questione si presentava piuttosto difficile da risolvere. Infine a uno dei due venne in mente Tiresia, il giovane figlio della ninfa Cariclo, cui era capitato, in seguito a un certo incidente di carattere magico, di passare da uomo a donna e di riconquistare, in seguito, la condizione maschile e che, quindi, doveva disporre per esperienza di tutti i dati necessari per dirimere la questione. Tiresia, per la cronaca, rispose che aveva ragione Zeus, per cui Era si incazzò di brutto e lo punì privandolo dalla vista, ma il padre degli uomini e degli dei lo risarcì a iosa elargendogli il dono della preveggenza, che ne avrebbe fatto il più famoso vate e indovino di tutta la mitologia.

    Se qualcuno oggi si ponesse un problema dello stesso tipo nell'ambito della politica italiana contemporanea, chiedendosi – per esempio – a chi piaccia di più governare, se al centrodestra o al centrosinistra, non avrebbe certo difficoltà a trovare qualcuno da interpellare. Di gente che ha cambiato sponda, passando da una parte all'altra e viceversa, sono pieni i ranghi parlamentari. Mastella, primo tra tutti, che nel '98 lasciò l'Udc per fondare l'Udeur e aprire la strada al governo D'Alema e che oggi, sembra, è tornato all'ovile, ma anche Dini, naturalmente, che nel '95, da ministro del tesoro di Berlusconi, passò a capo di un governo “tecnico” sostenuto dalle sinistre e dalla Lega e nel '96 entrò a vele spiegate in quell'Ulivo che, oggi, ha contribuito ad affondare. Né potremmo dimenticare il senatore Di Gregorio, che consumò l'avanti e indietro tra Forza Italia e la Margherita nel giro di pochissimi mesi; il senatore Follini, che passando dall'Udc al Partito democratico contribuì, per un poco, a vanificare gli effetti di quel cambio di casacca e il senatore Cusumanno, – sia resa lode al merito sfortunato – che nel '94 ruppe la disciplina di partito dei Popolari per dare a Berlusconi la fiducia in Senato e giovedì scorso ha rotto quella dell'Udeur nel (vano) tentativo di salvare Prodi in extremis. Degli altri che hanno fatto la stessa esperienza (e ce ne sono) al momento non mi sovvengono i nomi. A nessuno di costoro, che io sappia, è mai capitato, come a Tiresia, di imbattersi in due serpenti intenti ad accoppiarsi, un evento che, secondo il folclore antico, portava una sfiga terribile e aveva le conseguenze più strane, cambio di sesso compreso, ma tutti avranno avuto, per i loro andirivieni, delle ottime motivazioni. Che poi difficilmente queste motivazioni potessero essere condivise dai disgraziati elettori che, in mancanza di alternative, li avevano mandati in Parlamento non è un problema che li abbia in alcun modo turbati.
    Per la verità, anche gli elettori di Prodi, parlandone come da vivo, si sarebbero attesi dal loro leader tutt'altro di quanto ha effettivamente fatto. Avrebbero voluto, probbailmente, che ritirasse le truppe anche dall'Afghanistan, che a Vicenza spiegasse agli americani che quell'areoporto serviva alla città, che si occupasse con precedenza assoluta del conflitto di interessi, che abolisse con la dovuta premura la Gasparri e le altre leggi ad personam, che facesse almeno qualche passo verso la concreta realizzazione dell'ambizioso programma sociale della sua coalizione. Non lo ha fatto in parte perché non glielo hanno lasciato fare e in parte perché aveva delle altre priorità, ma, a parte il fatto che sospetto fortemente che sentiremo, tra non molto, parecchia nostalgia per Prodi, non è questa la sede adatta per discutere del problema. Il fatto è che la volontà degli elettori, nel nostro sistema politico, rappresenta la vera e unica variabile indipendente, nel senso che non ne dipende mai una beata fava, come buona parte degli eletti ha dimostrato proprio adesso che si apprestano a richiederci l'ennesimo voto. Al quale andremo, suppongo, disciplinati e volonterosi, certi gli uni della vittoria e gli altri (noi) di una clamorosa mazziata, ma consapevoli gli uni e gli altri della assoluta improbabilità che qualcuno, una volta insediato al potere, tenga qualche conto del nostro punto di vista. È questo, in realtà, l'unico vero mito della politica nazionale, un mito al confronto del quale la storia di Tiresia, dei due serpenti, della lite tra Zeus ed Era e della trasformazione del giovane androgino in cieco veggente sembra una storia del tutto logica e assolutamente credibile.

    27.01.'08

    Nota

    Delle varie versioni del mito di Tiresia, quella canonica si può leggere in Ovidio, Met. III, 318-338.