Meno male

La caccia | Trasmessa il: 03/18/2012


Meno male

    Domenica scorsa, giornalisticamente parlando, era un po' una giornata morta. Non che non fosse proprio successo niente di cui valesse la pena parlare, ma le notizie erano, per così dire, di mezza tacca: tutta roba già sfruttata o troppo prevedibile o di scarso impatto emotivo, nulla che giustificasse un bel titolone su otto colonne, secondo la gloriosa tradizione di Ben Hecht e Billy Wilder. Capita sempre più spesso, in realtà: il titolone a piena pagina, secondo quella tradizione, dovrebbe segnalare una novità, uno shock, qualcosa che i lettori assolutamente non si aspettano ed è sempre più difficile, in questa età di informazione elettronica diffusa, che un quotidiano possa pubblicare qualcosa che non sia già universalmente risaputo. Tuttavia la tradizione è la tradizione e direttori e redattori capo si sforzano sempre di ricavare dei titoli i più drammatici possibile dal materiale che hanno a disposizione. Così, domenica, si arrangiavano quasi tutti con le polemiche sulle responsabilità dei servizi nel fallimento del blitz in Nigeria, che era la rifrittura di una notizia di un paio di giorni prima, o sullo sdoganamento della Tav da parte della Camusso, che sa Dio se esisteva ancora qualcuno che non se la aspettasse. Era logico che questo genere di informazioni li divertisse ben poco, tanto vero che, per consolarsi, finivano quasi tutti per dare alla saltatrice azzurra che aveva vinto l'argento ai mondiali indoor molto più spazio di quanto le sarebbe normalmente spettato.
    Tutti tranne che al “Giornale”. Al “Giornale”, l'organo di famiglia dell'ex presidente del consiglio, avevano il loro scoop, anzi due, da sparare entrambi in prima su pagina piena. Uno, per onore di firma, riguardava “La sfida di Alfano”, il segretario del PdL, che avrebbe – sembra – intimato alle banche di tirar fuori i soldi, senza peraltro ottenere, a quanto risulta a tutt'oggi, un gran risultato. L'altro titolo, quello che evidentemente stava davvero a cuore all'intero corpo giornalistico del quotidiano si accampava in centro pagina su sei colonne, con foto a colori è annunciava festoso ai lettori che “Luisella fa fiasco”, precisando che “La tv anti-cav non tira più”. Riguardava, come si poteva evincere dal catenaccio, il flop di audience del talk show televisivo inaugurato da Luisella Costamagna su Rai 3 un paio di giorni prima.
    Ora, il “Giornale” è affidato attualmente alle cure di quella leggendaria figura di Alessandro Sallusti, che non gode esattamente della fama di direttore buonista, ma nemmeno lui, suppongo, dovrebbe essere capace di trarre tanto sincero godimento dall'insuccesso di una collega da farne la notizia del giorno. Io quell'articolo non l'ho letto, perché a tal fine avrei dovuto acquistare una copia del quotidiano, il che mi rifiuto di fare per ragioni di principio, ma mi è sembrato evidente che l'interesse principale del pezzo, dal suo punto di vista, stava tutto nella seconda parte del titolo. La tv anti-cav non tira più. La gente è stanca di polemiche su Berlusconi e di attacchi a colui che per tanti anni ha guidato il paese. I tempi dei Santoro, dei Floris e delle Annunziata sono finiti, o stanno per: la prestazione deludente della bionda Luisella (che non a caso sulla 7 è stata sostituita da un vicedirettore del “Giornale” stesso) suona come il preannuncio di una svolta radicale nel mondo dell'informazione televisiva.
    Tutto ciò mi sembra, se volete il mio parere, un'ottima cosa, nel senso che meno si parla di Berlusconi meglio è e peccato per la Costamagna, ma insomma. Non capisco, piuttosto, perché possano compiacersene quelli del “Giornale”. È vero che il fratello di riferimento del loro editore non ha mai amato quella che qui si definisce “la tv anti-cav”, ed è logico, perché a nessuno piacciono gli attacchi personali, e a lui, notoriamente non piacciono neanche le critiche, nemmeno le più garbate, adora sentirsi lodare, non ha tema alcuna del ridicolo e tra una franca, sia pur rispettosa, disamina del proprio operato e la bassa adulazione sceglierà sempre la bassa adulazione, ma anche lui, con tutte le arie di grande comunicatore che si dà, dovrebbe sapere che certe cose sono strettamente correlate con la popolarità di cui si gode e che se vengono a mancare vuol dire che è quella che è venuta a mancare. Maledicant dum dicant, dicevano i padri romani, “parlino pure male di me purché ne parlino” e nessun vero ambizioso si è mai rattristato davvero per le barzellette, i pettegolezzi, le calunnie e le insinuazioni che circolavano su di lui. Chi vuole che sul suo conto si registrino solo lodi e discorsi di ammirazione, ha superato i limiti dell'ambizione e si è addentrato nel territorio della vanagloria, al limite di quel solipsismo unde, come dice il poeta, negant redire posse quemquam presumibilmente. Senza gli attacchi dei polemisti, dei vignettisti, degli imitatori e dei magistrati si è soltanto un signor Nessuno e se proprio lui non riesce a rendersene conto, sarebbe compito specifico di una équipe di professionisti seri come quelli del “Giornale” farglielo notare.
    Certo, bisogna ammettere che la televisione senza il Berlusca è molto meno divertente. Da quando nei dibattiti serali le disquisizioni sulle olgettine, le crescentine e le nipotine di questo o di quello hanno ceduto il passo a tutti quei seriosi discorsi sulla crisi economica e la riforma del mercato del lavoro non se ne può davvero più. I nuovi ministri, soprattutto la Fornero, fanno del loro meglio per offrire argomenti alla satira, ma sono chiaramente dei dilettanti e riescono solo a sprofondarci nella più cupa tetraggine. Alla quale finiremo certo per rassegnarci, se è proprio necessario per il bene del paese, ma senza un vero entusiasmo, perché meno male che Silvio non c'è più, ma meno male che c'è ancora “Il Giornale” e Sallusti resiste, a tener viva la memoria dei bei tempi andati. E siano rese le debite grazie alla Costamagna, se davvero la sua trasmissione è stata il disastro che dicono (io, francamente, non l'ho vista, come non ho letto l'articolo che la riguardava), per essersi così altruisticamente immolata sul campo. Breve è la vita, lunga è l'arte e non le mancheranno certo le occasioni per rifarsi.
18.03.'12