Meglio scherzarci sopra

La caccia | Trasmessa il: 05/11/2008


    Fa un po' impressione il parallelismo con cui il “Corriere” e “Repubblica”, giovedì scorso, hanno dato conto della composizione del nuovo governo. Entrambi hanno optato per due pagine interne, con ventun minifoto a colori dei ministri (a figura piena scontornata per il “Corriere”, in formato francobollo per “Repubblica”), più, a parte, quelle del Capo e di Gianni Letta, accompagnate ciascuna da un breve testo dalla intonazione sospesa tra l'informativo e lo scherzoso. Capita sempre più spesso, in realtà, che i due principali quotidiani italiani, impegnati in teoria in una furibonda concorrenza per strapparsi le quote di mercato, si somiglino come gocce d'acqua: uguale, assai spesso, l'impostazione della prima pagina, analoga la titolazione, non molto (o punto) dissimili i commenti e gli editoriali. Avrete sicuramente notato anche voi che da quando il “Corriere” ha ridotto il formato, adottato il colore e spostato certe rubriche “di servizio”, tipo i programmi della televisione e le previsioni del tempo, nella stessa posizione in cui le aveva “Repubblica”, queste innovazioni, diciamo così, “esterne”, si sono ripercosse all'interno, sul piano stesso del contenuto degli articoli, determinando una sostanziale omogeneità giornalistica, informativa e culturale tra i due prodotti. Siccome un processo del genere è in corso da tempo anche tra i vari telegiornali, non importa se RAI o Mediaset, bisognerà fatalmente dedurne che i manager dell'informazione, in Italia, concepiscono la concorrenza come spinta verso una sempre maggiore uniformità, prefigurando una fase di unanimismo in cui al cittadino sarà evitato anche il disturbo di scegliere e valutare con la propria testa.
    Non è necessario supporre, naturalmente, che tutte le testate abbiano, a tal fine, le loro spie all'interno delle altre – ma per il “Corriere” e “Repubblica” non mi sentirei di escluderlo – eppure il fenomeno è indiscutibile. Anche se, in certi casi, come quello di giovedì, si può pensare ragionevolmente a una coincidenza, imposta, al più, dalla stessa motivazione politica. In fondo, le direzioni dei due noti quotidiani hanno fermamente deciso di aprire un certo cospicuo credito a Berlusconi, rinunciando “Repubblica” alle riserve e alle polemiche degli anni scorsi e attenuando il “Corriere” il suo faticoso equilibrismo. Bisogna, dunque, parlarne bene, di lui e del suo governo, e una volta esaurito il repertorio delle elogi per la Correttezza Istituzionale, i Buoni Rapporti Con Napolitano, la Rapidità Della Costituzione, la Ridotta Consistenza Numerica della squadra, come si fa? Come si fa a presentare questo governo di fondi di magazzino e di riciclati, in cui al tutto prevalgono i travet di apparato e mancano drammaticamente le eccellenze di qualsiasi tipo, salvo forse quelle extracurriculari della Mara Carfagna, che comunque deve fare i conti anche lei con gli oltraggi del vecchio dio con le ali? Come far digerire a eventuali lettori dotati di un minimo di memoria storica questa accozzaglia di leghisti rampanti, ex democristiani, ex socialisti, ex missini e portaborse nobilitati? Un governo di cui fa parte un signore che è stato costretto a chiedere scusa in pubblico per un certo suo gesto a meno di ventiquattro ore dall'insediamento e speriamo solo che non faccia come faceva il Berlusca ai tempi, quando sparava la cazzata, si scusava dicendo di essere stato frainteso e poi spiegava alla stampa che, appunto in quanto frainteso, non si era scusato affatto. È una impresa, lo ammetterete, titanica e forse la cosa migliore è proprio quella di scherzarci sopra. I due autori delle ventiquattro minibiografie, Sebastiano Messina e Maria Laura Rodotà, sono senz'altro dei sinceri democratici, ma si adeguano. Così si sfuma il fastidio di avere alla Difesa un post fascista muscolare come La Russa scrivendo che la imitazione di Fiorello lo ha reso simpatico (tutti e due i giornali) e che “si è rifatto” sul padre, che gli aveva appioppato il secondo nome di Benito, battezzando Geronimo il suo primogenito (“Repubblica”). Dall'idea di avere Sandro Bondi alla Cultura ci si consola scrivendo (“Corriere”) che “è una figura di culto” e che siccome odia prendere l'aereo non sarà “uno di quei ministri che saltellano da un vernissage all'altro”, ma “forse consolerà i sovraintendenti senza fondi inviandogli dei versi”. DI Raffaele Fitto, ex ragazzo prodigio in Puglia, ma ormai cresciutello, si ipoteca, clonando un celebre titolo, che abbia “un grande avvenire dietro alle spalle” (“Repubblica”). Di Luca Zaia, promessa leghista alle Politiche Agricole, apprendiamo che in quel di Treviso ha “messo sulle strade provinciali gli 'occhi di gatto', delineatori laterali di corsia rifrangenti” e si suggerisce che tali apparati servano “anche in questa maggioranza, a occhio e croce” (“Corriere”). Sullo stesso, “Repubblica” preferisce invece annotare che, essendosi fatto beccare da un autovelox a 193 km/ora in autostrada, gli hanno ritirato la patente, ma “adesso non corre più rischi: avrà l'auto blu”. Meno gentile il biografo con la Stefania Prestigiacomo, di cui si ricordano i meriti alle Pari Opportunità e, invece di chiedersi perché mai, allora, la hanno mandata all'Ambiente, si preferisce citare lo “storico” commento dell'on. Pippo Gianni, siracusano dell'Udc, per cui “le donne non devono scassare la minchia”. Che non fa neanche ridere.
    Insomma, possiamo fermarci qui. Anche perché il bisogno di rendere simpatici quei ventun figuri più due noi non lo sentiamo affatto. Sì, hanno vinto le elezioni, hanno tutto il diritto di stare dove stanno e speriamo che gli dei gli tengano la loro santa mano sul capo, ma, appunto per questo, ci conviene tenerli d'occhio con lo sguardo più arcigno possibile, senza lasciargliene passare una e senza cedere alla tentazione di alleggerire la tensione con le battute. Sì, Berlusconi fa ridere con i suoi tacchi, il suo cerone, i suoi capelli trapiantati e il suo megaegotismo autoriferito e Bossi fa tenerezza nei suoi sforzi per dominare gli esiti della malattia, ma vedrete quante ce ne combineranno, come cercheranno di conciare il paese, e non è proprio il caso di lasciarsi portare, nei loro confronti, dal divertimento o dalla compassione. Altrimenti correremmo il rischio di somigliare a quei tali di cui parlava il Poeta, quelli che, ridendo e scherzando, sul sentiero fiorito di primule si avviano all'eterno falò.

    11.05.'08