Le uova del sindaco

La caccia | Trasmessa il: 01/25/2004



Non so quanti di voi abbiano seguito, martedì scorso, il “microfono aperto” che la radio ha dedicato all’incombente privatizzazione dell’AEM.  Era interessante, ma un po’ malinconico, nel senso che faceva tristezza sentire tutti quei bravi ascoltatori chiedere come mai a Palazzo Marino avessero deciso di alienare – a prezzi, sembra, stracciati – un’impresa che funziona benissimo e assicura utili ingenti, senza che nessuno si degnasse di dar loro una risposta appena un po’ articolata.  L’uomo del Comune (non ricordo chi fosse, ma non era, comunque, persona da ricordare) era così sicuro di sé che non faceva nemmeno lo sforzo di rifarsi alla giustificazione corrente, quella per cui, con i proventi dell’operazione, si darà il via a una quantità di realizzazioni basilari: linee metropolitane, sistemazioni urbanistiche e ogni altro possibile bendiddio.   Un argomento che, oltre a contraddire l’antica massima dell’uovo oggi e della gallina domani, è naturalmente specioso perché nessun progetto preciso è stato apprestato, le realizzazioni in questione sono state promesse ai milanesi già in una dozzina di occasioni diverse e i tempi relativi, comunque, sono tali da eccedere le possibilità operative di qualsiasi giunta.  Solo di pie speranze dunque si tratta, un articolo in cui è facile largheggiare, che tanto si vedrà poi.  In un certo senso, è come se fosse già cominciata la campagna elettorale.
          È toccato al buon Basilio Rizzo, com’è uso, spiegare (senza destare un gran interesse) che sotto c’era qualcosa d’altro.  Che si trattava, in gran parte, di un problema di vocazione politica.  Che il sindaco e i suoi sentono come un preciso dovere quello di trasferire alla mano privata i beni e i servizi pubblici, specie se redditizi.  Una spiegazione convincente, ma forse non del tutto esaustiva.  I nostri amministratori, in fondo, non sono gli unici a predicare quella filosofia (è facile immaginare cosa succederebbe all’AEM se il Comune fosse in mano all’Ulivo), ma certo è difficile trovare, in tutto il paese, un ceto politico così attento all’utile di bilancio.   La città di Milano, che io sappia, non ha un motto suo, ma sotto la croce rossa in campo argento del suo stemma ci starebbe bene un cartiglio con le parole “Fare cassa”.
        Non è una mera questione di conti in ordine.  Il pareggio, a coloro, interessa solo fino a un certo punto.  Nelle sue pacate invettive contro i tranvieri che minano il “modello Milano”, Albertini non ha mai mancato di sottolineare che l’ATM, unica nel suo ramo in Italia, può vantare un attivo di milioni di euro.   Un risultato di fronte al quale poco o nulla gli importa che la velocità media dei mezzi urbani a Milano sia la penultima in Europa.
        L’uomo, d’altronde, è fatto così.  Per cultura, formazione e convinzioni non sembra capace di resistere all’idea del realizzo a pronta cassa, com’è logico per uno che il valore della città lo misura sul costo della vita.   Uno che, avendo il Comune acquistato a buon prezzo, in passato, un intero edificio adiacente alla Scala, una situazione irripetibile e una proprietà preziosa per un’istituzione sempre avida di spazi, decide, visto che i valori immobiliari in zona si sono quadruplicati, che bisogna venderlo a tutti i costi e se la Scala, in futuro, avrà bisogno di quei locali si arrangi, tanto, si sa, si può sempre sopraelevare ad libitum la fabbrica del Piermarini.   Anche la privatizzazione dell’AEM, in fondo, risponde a quella logica.  Il titolo, come si dice, è cresciuto bene, ma non è detto che continui a salire in eterno, dunque vendere, vendere subito.  È la logica del realizzo, che ben si addice a questa stagione di saldi.
        È anche, con rispetto parlando, una logica da bottegai.  E mentre per i bottegai, a saldi effettuati, il problema è solo quello di rifare le scorte, non è detto che un ente pubblico, dopo aver dissipato un patrimonio costruito in un secolo di impegno civico, possa fare altrettanto.  E mentre il Comune potrà vantare un bilancio in attivo, e potrà permettersi di investire le eccedenze, come ha fatto l’ATM, in bond Cirio o simili, i cittadini dovranno fare i conti con un tutto un nuovo ceto di monopolisti privati decisi a fargli pagare elettricità, trasporti, gas, acqua e il resto quanto gli parrà e piacerà.  Non saranno, comunque, problemi del sindaco.  Lui, che non è più rieleggibile, si godrà la meritata poltrona a Strasburgo.  Che dio salvi l’Europa.

25.01.’04