Le due verità

La caccia | Trasmessa il: 05/20/2007



    C’erano due modi possibili per commemorare il commissario Calabresi, iniquamente assassinato in Milano trentacinque anni or sono. Lo si poteva ricordare come una figura coinvolta in una serie di eventi oscura e dolorosa, che aspetta ancora di venire inquadrata nel contesto di quegli anni difficili e sulla quale, dopo il clamoroso fallimento degli apparati giudiziari, spetta solo alla storia far luce. O lo si poteva vedere, senza preoccupazioni del genere, come la vittima emblematica di un’entità oscura e mal definita, di quel “terrorismo” generico e provvidenziale cui è fin troppo facile addebitare in toto le violenze e le forzature di allora. Questo significava, naturalmente, farne un eroe, ma un eroe in senso mitico e retorico, uno di quegli eroi di cui – come dice il poeta – i popoli felici possono fare a meno.
    Tale, tuttavia, è stata la strada intrapresa dal presidente Napolitano, con l’entusiasta collaborazione della sindaca Moratti, del presidente Penati e dei molti funzionari in pectore del Ministero della Verità dello Stato di Oceania che giovedì scorso gli si sono stretti attorno. E tali sono stati i commenti di quanti della cerimonia hanno riferito. Nessuno sembra essersi reso conto, nell’entusiasmo, che così si finiva con il sostituire una verità di stato alla verità storica. Che sono due cose diverse e non sempre conciliabili, come inconciliabili sono le loro testimonianze. Tanto è vero che la posa in opera di una lapide è stata salutata dalle voci di chi reclamava l’eliminazione di un’altra. Niente di nuovo, naturalmente: è, quella della rimozione della lapide per Pinelli “assassinato innocente in Questura”, un vecchio obiettivo della destra più becera e vedrete che presto o tardi ci riusciranno. Tanto, ormai sono sempre di meno coloro che in quella preposizione hanno il coraggio di riconoscersi. Ma che pena, compagni, che pena.

    20.05.’07