La zona grigia

La caccia | Trasmessa il: 05/16/2010


    Una volta i rapporti tra corruttori e corrotti – che so, tra un imprenditore desideroso di un appalto e un politico, o un amministratore, con la facoltà di assegnarglielo – erano di natura eminentemente monetaria. Venivano sanciti dal passaggio di mano di un fascio di banconote, riunite nella classica mazzetta o pudicamente celate nell'ancor più classica busta e di altri perfezionamenti non avevano bisogno. La cosa, dal punto di vista operativo, aveva i suoi vantaggi: il danaro, data la sua natura di merce fungibile per eccellenza poteva soddisfare tutte le necessità del percipiente senza creare alcuna indebita intimità con il datore. Chi ce lo metteva non aveva bisogno di chiedersi per quali finalità sarebbe stato adoperato e chi lo incassava non si preoccupava certo dei mezzi con cui era stato acquisito. La sua totale asetticità (già gli antichi avevano notato che non ha odore) ne faceva lo strumento ideale per stabilire quei tipi di relazione che per loro stessa natura non potevano né dovevano apparire.
    C'erano dei problemi, certo. Dei rischi. Una transazione pecuniaria, nel sistema capitalistico, comporta sempre qualche tipo di prestazione e chi preferiva che la prestazione cui si impegnava restasse ignota ai più doveva assicurarsi che la transazione avvenisse nel più rigoroso segreto. Il che, come s'è visto qualche anno fa, è meno facile di quanto a prima vista non sembri. Non bisogna soltanto stare attenti a non farsi beccare con la mazzetta in mano (è successo, ricorderete, anche questo): è necessario saper nascondere le tracce che, in questo mondo moderno così complicato, qualsiasi passaggio di danaro fatalmente lascia e bisogna sempre sperare che la tua controparte non decida, per qualche sua imprevista necessità, di gettarti ai lupi. Il sistema giudiziario è ostile, non disdegna né l'arma dello spionaggio né quella della delazione e, in definitiva, per un povero amministratore disonesto diventa sempre più difficile farsi corrompere.
    Sarà per questo che si sta diffondendo quella che si potrebbe definire la corruzione in natura. Quella che non comporta passaggi diretti di banconote, ma si fonda sull'offerta di prestazioni d'opera. La escort che ti segue docile a casa (o altrove), l'impresa che ti ristruttura l'appartamento, il conoscente che ingaggia la tua signora per una prestazione professionale o offre un lavoro a quel tuo figlio che in vita sua non è mai riuscito a trovarne uno. Sono tutte fattispecie che comportano anch'esse l'esborso di qualche somma, ma hanno il vantaggio di poter essere, per così dire, esplicite. Pagare una escort non è reato e l'utilizzatore finale dei suoi servigi potrà sempre dire che lui che fosse una escort non lo sapeva: ci farà la figura del pollo e del sessualmente vanesio, ma, tutto sommato, che importa? La ristrutturazione di cui si fa cenno, cari miei, è stata regolarmente fatturata e pagata, come dimostrano le allegate quietanze. Mia moglie, signor giudice, è una seria professionista, regolarmente iscritta all'albo, e altrettanto regolarmente i proventi del suo impegno professionale sono stati denunciati al fisco: non ha che da controllare. E sì, mio figlio percepisce effettivamente uno stipendio presso la tal impresa, ma se lo guadagna con il duro lavoro. Che poi certi interventi edilizi possano essere stati eseguiti a condizioni di favore, che certi impieghi non siano troppo diversi da una sinecura ben retribuita, che anche la più seria delle professioniste possa essere indebitamente avvantaggiata dal coferimento un incarico importante, sono tutte ipotesi che i malfidenti possono accarezzare ma dalle quali non è così facile risalire a veri e propri illeciti. Né, soprattutto, dimostrarli.
    Corrotti e corruttori, in questa prospettiva, non hanno bisogno di incontrarsi in un angolo buio, badando che nessuno dei due sia stato pedinato fin lì dai carabinieri. Possono frequentarsi sul piano sociale, frequentare la stessa palestra e scambiarsi gli auguri per le feste. La loro relazione, di fatto, si svolge sotto gli occhi di tutti. Gli uni e gli altri possono dichiarare senza timore di smentita di non aver commesso nulla di riprovevole, di essersi attenuti alle regole che valgono per qualsiasi cittadino. Il che è vero, in un certo senso, perché la tipologia dei loro comportamenti non è quella classica, tipo, per intenderci, pre “mani pulite”. Tra la figura del politico corrotto e mazzettaro e quella del pubblico amministratore integerrimo che non tollera d'essere sfiorato dal benché minimo dubbio s'è interposta ormai una vasta zona grigia, quella di chi soldi non ne prende mai, dio ne scampi, e favori non ne chiede a nessuno,figuriamoci, ma, pure, qualche rapporto di dare e avere con dei personaggi con cui non dovrebbe averne affatto finisce con l'intrattenerlo. È un'area moralmente ambigua, non facilissima da definire, in cui tuttavia può finire con il farsi invischiare tutto il sistema politico, opposizione compresa. Nel qual caso, dopo vent'anni, ci troveremmo al punto di partenza e visto che è stata la saga di “tangentopoli”, stringi stringi, a propiziare l'avvento di Berlusconi, chissà quale altro figuro ci toccherebbe stavolta.

    16.05.'10