In giorni come quelli, per dirla con
le parole di una canzone che qualcuno, forse, ricorderà, la cosa più penosa
era di trovar tra noi le facce di sempre. E invece stava cambiando
la storia di ciascuno, perché dai grandi fatti maturava una lezione. Per
specificare di che lezione si trattasse, il ritornello esortava, non senza
buone ragioni, a buttare a mare le basi americane.
Ahimè.
Sono passati trent’anni e molte, se non tutte, “facce di sempre”
sono ancora tra noi. E le basi americane, naturalmente, anche. Anzi,
è toccato a un governo nei cui ranghi non manca qualche ex giovanotto di
belle speranze che quella canzone avrà pure cantato (un governo, comunque,
che ha fatto il pieno dei voti di tutta la tradizione pacifista e antimilitarista
della sinistra italiana) il compito di sanzionare non tanto l’allargamento
di una base esistente, quanto la nascita, in una zona di intensa urbanizzazione,
di quella che sarà una delle strutture belliche più importanti d’Europa,
sede di una di quelle brigate aviotrasportate cui il governo degli Stati
Uniti affida, secondo le sue nuove strategie, il compito della guerra preventiva.
Niente
di nuovo, naturalmente. A esecutivi usi a prostrarsi a pelle di fico
davanti al Grande Padre della Casa Bianca e alle esigenze strategiche del
Pentagono siamo tristemente avvezzi. Lo hanno fatto, con incrollabile
unanimità, tutti i governi della storia della repubblica. E in questo
caso, ci hanno spiegato, non si poteva neanche fare altrimenti: era una
questione di continuità, essendo l’Italia più o meno irrevocabilmente
impegnata dalle decisioni prese a suo tempo da Berlusconi e dai suoi.
Sarà,
anche se sulla irrevocabilità di quegli impegni è lecito nutrire parecchi
dubbi. Ma che il governo abbia allegato proprio quella motivazione,
be’, quello sì che sembra incredibile. Preferire la continuità con
Berlusconi alla coerenza con la propria tradizione politica, con le speranze,
le scelte, le preferenze e le idiosincrasie dei cittadini elettori non
significa soltanto l’adesione senza riserve ai peggiori modelli di Realpolitik.
Significa essere, oltre che cinici e infidi, pericolosamente indifferenti
alle regole e alle esigenze di fondo del sistema democratico. Ed
è questa, naturalmente, la cosa più penosa.
21.01.’07
Nota
La canzone cui si allude, naturalmente,
è “Rossa provvidenza”, meglio nota come “Le basi americane” di Rudi
Assuntino. Se ne può trovare il testo completo consultando il sito
http://www.ildeposito.org .