La camera chiusa | Maj Sjöwall e Per Wallöö

Gialloliva | Trasmessa il: 01/10/2011


    Non tutti sanno che la fioritura del giallo scandinavo non è un fenomeno esclusivamente contemporaneo, ma ha i suoi bravi precedenti. Senza voler risalire agli anni '40 e alle imprese del mitico commissario Palmu di Mika Waltari (che era finlandese, e quindi scandinavo solo fino a un certo punto), non si può infatti prescindere dai romanzi che Maj Sjöwall e Per Wallöö – narratrice e poetessa di vaglia lei, giornalista di assalto lui – hanno dedicato, circa mezzo secolo fa, alla figura dell'ispettore Martin Beck e dei suoi colleghi della polizia di Stoccolma. In Italia furono pubblicati a suo tempo quasi tutti (otto su dieci) negli “occhietti” della Garzanti e la Sellerio li ha riproposti in questi ultimi anni nella “Memoria”, collana in cui appare oggi uno dei due che ancora mancavano all'appello, La camera chiusa (Der slutna rummet) del 1972. È una serie, quella dell'ispettore Beck, che ha molta importanza nella storia del genere, non soltanto per la capacità dei due autori di dare ai personaggi una profondità psicologica e uno spessore umano cui allora i lettori di gialli non erano avvezzi, ma perché rappresenta un riuscito tentativo di europeizzazione del procedural alla McBain, di cui accentua le caratteristiche di critica sociale e ideologica. Gli autori scandagliano senza pietà la società del benessere, incarnata nel loro paese a uno dei suoi livelli più avanzati, per metterne in rilievo gli aspetti di ripetitività e coazione mascherata, la drammatica mancanza di libertà cui può condurre il tentativo di organizzare troppo minuziosamente tutti gli aspetti della vita sociale. È un punto di vista, il loro, anti-burocratico e libertario, che si fa erede di tutto un filone del giallo e del noir, riportando in vita l'eterna dialettica tra il prefetto G. e il cavalier Dupin. Naturalmente nella seconda metà del XX secolo le esigenze del realismo non lasciano più spazio ai dilettanti e tutta la storia è vista da un punto di vista interno alle forze dell'ordine, ma è proprio questo che conferisce alla figura di Beck e dei suoi amici una peculiare, personalissima drammaticità.
    Nella Camera chiusa, il protagonista, reduce da una lunga convalescenza, si cimenta con il più classico dei problemi del romanzo di indagini, quello di un morto ammazzato rinvenuto all'interno di un locale ermeticamente chiuso dal di dentro, mentre i suoi colleghi sono variamente impegnati nella lotta contro un gruppo (o presunto tale) di rapinatori di banche. Su entrambi i fronti è un vero disastro: il problema di Beck sarebbe già bello e risolto se le prime indagini e i relativi rilievi fossero stati condotti con un minimo di professionalità e i rapinatori sarebbero già in galera da un pezzo se la inettitudine dei dirigenti e le loro varie ambizioni personali non facessero sì che l'intera squadra giri inesorabilmente a vuoto. Entrambi i motivi sono caratteristici della serie, ma questa volta la Sjöwall e Wallöö li portano all'esasperazione: il risultato si colloca a metà tra il grottesco e la parodia, anche se il lettore capisce che di fronte a tanta esibizione di incapacità c'è ben poco da ridere. Naturalmente in un romanzo si può sempre far conto sulla capacità dei singoli di rovesciare la situazione, ma anche i più distratti tra i lettori sanno che la vita non è un romanzo e che di fronte a certe contraddizioni non è ammessa nessuna soluzione consolatoria. Insomma, un romanzo pamphlet che in quarant'anni non ha perso un briciolo di attualità e che si lascia ancora leggere con autentico godimento. Provare per credere.
10.01.'11
Maj Sjöwall e Per Wallöö, La camera chiusa (Der slutna rummet, 1972), tr. it. di Renato Zatti, "La memoria" – Sellerio, pp. 418, € 14,00