Ineleggibili

La caccia | Trasmessa il: 03/04/2001



Vi confesserò di non essere abbastanza addentro nei misteri del diritto costituzionale e amministrativo per sapere se è vero che Francesco Rutelli, come ha sostenuto Berlusconi una decina di giorni fa, non può essere eletto nel prossimo Parlamento, perché non ha provveduto a dimettersi da sindaco di Roma sei mesi prima della data delle elezioni, come prescrive la legge.  Credo di no, perché, come hanno ricordato in molti, quella prescrizione non vale in caso di scioglimento anticipato delle Camere e sembra sicuro che in anticipo le Camere verranno sciolte, ma visto che lo scioglimento, in ogni caso, non potrà che avvenire molto, ma molto a ridosso della scadenza naturale, penso comunque che il buon Francesco avrebbe fatto molto meglio a dimettersi prima.  È vero che aveva il problema del Giubileo da finire, ma questo era, appunto, un problema suo, che avrebbe dovuto vagliare con la dovuta ponderatezza prima di prendere la decisione di candidarsi.  Le prescrizioni di legge hanno sempre un carattere formale, ma un buon politico dovrebbe saper tener conto anche delle questioni di sostanza.  E non è bello, diciamocelo, eludere una precisa norma  di legge con quello che è, stringi stringi, un cavillo.
        Delle dichiarazioni in merito di Berlusconi, comunque, mi è piaciuto in particolare un passaggio: quello in cui il cavaliere ha dichiarato che, pur essendo più che convinto del fatto che il suo concorrente non ha alcun diritto di sedere alla Camera, tanto è vero che se vincerà lui ha tutte le intenzioni di farlo cacciare con ignominia –  più o meno come fece, in analoghe circostanze, Cicerone con Catilina –  non intende, tuttavia, utilizzare l’argomento in campagna elettorale, perché “è difficile da spiegare alla gente”.  Ammetterete anche voi che tutto ciò non è bello.  O uno è convinto dei propri argomenti e cerca di farli condividere agli altri, facile o difficile che sia, o non ci crede, e allora farebbe meglio a lasciarli perdere.  Crederci e non utilizzarli perché gli altri non li capirebbero significa soltanto supporre che i propri interlocutori altro non siano che una massa di deficienti, incapaci di afferrare un concetto neanche se glielo si spiega.  Come concezione non è esattamente democratica, ma, tanto, che i leader del Polo in tema di democrazia siano, come dire, un po’ scarsini, è una cosa che sapevamo già.
        Mi direte, forse, che il tema dell’ineleggibilità dell’ex sindaco di Roma (o di chiunque altro) non è tra quelli che appassionano le masse popolari.  È vero.  Sembra proprio che in argomento i concittadini siano un po’ sordi.  Se dalla presunta ineleggibilità di Rutelli, infatti,  proviamo a considerare quella di Berlusconi, che, a prima vista, si direbbe molto meglio fondata, perché ineleggibili sono anche i titolari di concessioni pubbliche, e ci vuol altro, per superare questo piccolo handicap, che far intestare le concessioni in questione a un proprio collaboratore, si scopre che anche questo argomento non gode di una grandissima popolarità.  Lo stesso tema del conflitto di interessi, che pure ha una corposità ben maggiore, visto che nella maggioranza assoluta dei paesi civili basterebbe a impedire che il Silvio nazionale diventi, non che Presidente del Consiglio, consigliere comunale, non è percepito nella sua drammaticità.  Dall’ultimo sondaggio in merito pubblicato dal “Corriere della Sera” (lo scorso 26 febbraio) risulta che al 39% degli interessanti il problema è abbastanza indifferente, e che il 23 è convinto, addirittura, che avere molti interessi privati sia un incentivo a governare meglio (lasciando a un modesto 38% le preoccupazioni in senso opposto).
        Permettetemi, per una volta, di non trarre conclusioni.  Gli italiani sono un popolo realistico e sanno, evidentemente, che la legge non è affatto uguale per tutti. Sanno, in particolare, che è illusorio pensare di bloccare i potenti in nome delle minutiae giuridiche.  Quelle servono, da sempre, per fregare i poveri cristi.  Ma appunto per questo sarebbe stato assai meglio che chi è stato scelto per contrapporsi al potente per eccellenza, avesse dimostrato per quelle minutiae un maggiore rispetto.  Andare alle elezioni con i leader di entrambi gli schieramenti gravati, per un motivo o per l’altro, di un sospetto di ineleggibilità può essere anche divertente, come esemplificazione del clima surreale che caratterizza la politica italiana, ma non è, tutto sommato, cosa di cui ci si debba vantare.

04.03.’01