Vi confesserò di non essere abbastanza
addentro nei misteri del diritto costituzionale e amministrativo per sapere
se è vero che Francesco Rutelli, come ha sostenuto Berlusconi una decina
di giorni fa, non può essere eletto nel prossimo Parlamento, perché non
ha provveduto a dimettersi da sindaco di Roma sei mesi prima della data
delle elezioni, come prescrive la legge. Credo di no, perché, come
hanno ricordato in molti, quella prescrizione non vale in caso di scioglimento
anticipato delle Camere e sembra sicuro che in anticipo le Camere verranno
sciolte, ma visto che lo scioglimento, in ogni caso, non potrà che avvenire
molto, ma molto a ridosso della scadenza naturale, penso comunque che il
buon Francesco avrebbe fatto molto meglio a dimettersi prima. È vero
che aveva il problema del Giubileo da finire, ma questo era, appunto, un
problema suo, che avrebbe dovuto vagliare con la dovuta ponderatezza prima
di prendere la decisione di candidarsi. Le prescrizioni di legge
hanno sempre un carattere formale, ma un buon politico dovrebbe saper tener
conto anche delle questioni di sostanza. E non è bello, diciamocelo,
eludere una precisa norma di legge con quello che è, stringi stringi,
un cavillo.
Delle
dichiarazioni in merito di Berlusconi, comunque, mi è piaciuto in particolare
un passaggio: quello in cui il cavaliere ha dichiarato che, pur essendo
più che convinto del fatto che il suo concorrente non ha alcun diritto
di sedere alla Camera, tanto è vero che se vincerà lui ha tutte le intenzioni
di farlo cacciare con ignominia – più o meno come fece, in analoghe
circostanze, Cicerone con Catilina – non intende, tuttavia, utilizzare
l’argomento in campagna elettorale, perché “è difficile da spiegare alla
gente”. Ammetterete anche voi che tutto ciò non è bello. O
uno è convinto dei propri argomenti e cerca di farli condividere agli altri,
facile o difficile che sia, o non ci crede, e allora farebbe meglio a lasciarli
perdere. Crederci e non utilizzarli perché gli altri non li capirebbero
significa soltanto supporre che i propri interlocutori altro non siano
che una massa di deficienti, incapaci di afferrare un concetto neanche
se glielo si spiega. Come concezione non è esattamente democratica,
ma, tanto, che i leader del Polo in tema di democrazia siano, come dire,
un po’ scarsini, è una cosa che sapevamo già.
Mi
direte, forse, che il tema dell’ineleggibilità dell’ex sindaco di Roma
(o di chiunque altro) non è tra quelli che appassionano le masse popolari.
È vero. Sembra proprio che in argomento i concittadini siano
un po’ sordi. Se dalla presunta ineleggibilità di Rutelli, infatti,
proviamo a considerare quella di Berlusconi, che, a prima vista,
si direbbe molto meglio fondata, perché ineleggibili sono anche i titolari
di concessioni pubbliche, e ci vuol altro, per superare questo piccolo
handicap, che far intestare le concessioni in questione a un proprio collaboratore,
si scopre che anche questo argomento non gode di una grandissima popolarità.
Lo stesso tema del conflitto di interessi, che pure ha una corposità
ben maggiore, visto che nella maggioranza assoluta dei paesi civili basterebbe
a impedire che il Silvio nazionale diventi, non che Presidente del Consiglio,
consigliere comunale, non è percepito nella sua drammaticità. Dall’ultimo
sondaggio in merito pubblicato dal “Corriere della Sera” (lo scorso 26
febbraio) risulta che al 39% degli interessanti il problema è abbastanza
indifferente, e che il 23 è convinto, addirittura, che avere molti interessi
privati sia un incentivo a governare meglio (lasciando a un modesto 38%
le preoccupazioni in senso opposto).
Permettetemi,
per una volta, di non trarre conclusioni. Gli italiani sono un popolo
realistico e sanno, evidentemente, che la legge non è affatto uguale per
tutti. Sanno, in particolare, che è illusorio pensare di bloccare i potenti
in nome delle minutiae giuridiche. Quelle servono, da sempre, per
fregare i poveri cristi. Ma appunto per questo sarebbe stato assai
meglio che chi è stato scelto per contrapporsi al potente per eccellenza,
avesse dimostrato per quelle minutiae un maggiore rispetto. Andare
alle elezioni con i leader di entrambi gli schieramenti gravati, per un
motivo o per l’altro, di un sospetto di ineleggibilità può essere anche
divertente, come esemplificazione del clima surreale che caratterizza la
politica italiana, ma non è, tutto sommato, cosa di cui ci si debba vantare.
04.03.’01