Il valore politico dell’avverbio “ancora”

La caccia | Trasmessa il: 12/10/2000




Staranno arrivando anche a casa vostra i questionari con cui il sindaco Albertini, in vista della scadenza del suo mandato e dello svolgimento degli Stati Generali della città, di qualsiasi cosa si tratti, chiede ai cittadini di esprimere un parere sincero sulle realizzazioni della sua giunta.  E avrete letto sui giornali, naturalmente, che l’invio di quelle carte non rappresenta, come qualche spirito malizioso può aver pensato, l’apertura a spese dei cittadini della campagna elettorale del centrodestra, prima di tutto perché di spese non ce ne sono, trattandosi di un’iniziativa largamente sponsorizzata, e poi perché quelli sono appunto dei questionari, non degli opuscoli di propaganda.  Ben lungi dal voler battere la grancassa sui risultati ottenuti, l’ottimo Gabriele chiede in tutta umiltà ai milanesi che cosa ne pensano loro.  Se il giudizio sarà negativo, ne terrà il debito conto.

       Be’, non vorrei far cadere le vostre residue illusioni, ma queste sono proprio delle gran balle.  Basta un’occhiata per rendersi conto che quei questionari sono davvero degli opuscoli di propaganda e che, per di più, ci sono stati davvero inviati a spese nostre.  Dell’asserita presenza di sponsor non c’è traccia visibile, salvo quella delle Poste Italiane, che in seguito a una convenzione stipulata con il Comune garantiscono il rientro gratuito dei questionari (nel senso che non bisogna metterci il francobollo), in cambio dell’inserimento di due domande che le riguardano.  Ma anche a prescindere dal fatto che i quattrini delle poste ce li mettiamo comunque noi cittadini, resta vero che nessun benefattore si è sognato di sovvenzionare l’invio dei questionari a casa di tutti noi, per non dire delle spese vive di stampa e di carta e di quelle di gestione dell’intera faccenda.  Come nessuno, suppongo, sovvenzionerà quegli Stati Generali in cui, nel prossimo gennaio, sindaco, giunta e maggioranza potranno spiegarci in lungo e in largo quanto sono stati bravi.

       Sì, va bene, – direte voi – ma un questionario è un’altra cosa.  Potremo servircene, se non altro, per far sapere a quei loschi messeri che cosa pensiamo di , loro e del deprecabile modo con cui hanno gestito la nostra città.

       Errore.  Non potete farlo.  Ve lo impedisce la struttura stessa di quel documento e la presenza, accortamente studiata, di un certo avverbio.   Perché le domande sono venti, ma a tre soltanto, e affatto generiche, potrete rispondere con un giudizio negativo, dichiarando che, a vostro avviso, rispetto a quattro anni fa, la città in generale, la qualità dei servizi che offre e la sua immagine in termini di prestigio internazionale non sono né migliorate né restate uguali, ma peggiorate.  La domanda numero 4, che riguarda il bilancio delle aziende gestite dal comune e la privatizzazione della Centrale del Latte e dell’Aem non vi chiede affatto cosa ne pensiate, ma solo se ritenete che quei risultati e quegli sforzi siano o non siano stati percepiti dalla cittadinanza.  E alle altre sedici, che riguardano le asserite realizzazioni della giunta, tipo il verde, la manutenzione delle strade, le iniziative culturali, la raccolta dei rifiuti, le aree dismesse, il traffico, il “Patto per il Lavoro”, la casa, i servizi sociali, l’assistenza agli anziani eccetera, eccetera, eccetera, si può rispondere soltanto scegliendo un’alternativa tra tre.  Si può barrare la casella a) “Penso che la Giunta (con la maiuscola, per carità) abbia ottenuto buoni risultati”; quella b) “Va bene, ma si può fare di più”, o quella c) “L’operato della Giunta mi sembra ancora insufficiente”.   Se no, niente.  Potete dichiararvi, se lo volete, d) disinformati o e) incapaci di esprimere un’opinione, ma rispondere che a vostro avviso, su quelle importanti problematiche, Albertini e i suoi hanno fatto più danno che altro, smantellando quello che c’era, da una parte privatizzando e dall’altra svendendo, e che la loro politica, perseguita nell’evidente interesse di certi gruppi sociali privilegiati, rappresenta una iattura non soltanto per le classi diseredate, ma per la cittadinanza nel suo insieme, per cui l’unica cosa seria da fare è mandarli a casa in blocco e mettere al loro posto qualcuno che imbocchi una strada radicalmente diversa, be’, tutto questo, anche se per avventura lo pensate, in quel questionario non ce lo potrete scrivere.  Il massimo che vi è concesso in termini di pensiero critico è – porca l’oca –  rispondere che l’operato della giunta vi sembra ancora insufficiente, in cui quell’ancora significa inesorabilmente che alla sufficienza, a lasciarli fare, ci arriveranno senz’altro, che bisogna dargli un poco di tempo, ma la via presa è quella buona e che, insomma, bisogna votarli senza far tante storie, così potranno completare l’opera meritoria intrapresa.  E se non è propaganda questa, vorrei sapere cos’è.  Certe volte basta un avverbio ben sistemato per stravolgere completamente il senso di un’espressione e chi ha realizzato quel questionario lo sapeva benissimo.

       Certo, era improbabile che da quegli inguaribili pavoni ci venisse offerta l’occasione di esprimere una vera e propria critica.  Ma che avrebbero avuto il coraggio di prenderci in giro così apertamente, vi confesso, io non me lo aspettavo.  Evidentemente, nonostante tutto, sono ancora un ingenuo.


10.12.’00