Il ritorno del capitano Kirk

La caccia | Trasmessa il: 02/28/2010


    Devo confessarvi che, con tutta la buona volontà, non riesco a prendermela con Bertolaso. Il perché non saprei dirvelo esattamente. Non è certo in considerazione degli ingenti risultati che si dice abbia conseguito nel suo lavoro, perché la situazione odierna dell'Aquila, della Maddalena, della Sicilia orientale, delle rive del Lambro e di altre plaghe del paese fa supporre, appunto, che quei risultati appartengano più all'ambito della comunicazione che a quello della realizzazione. Non è neanche in considerazione del fatto che le accuse rivoltegli sono, in sostanza, tutte da dimostrare e devono ancora passare al vaglio di un tribunale, perché ritengo che quando uno ha le sue responsabilità, e, soprattutto, i suoi poteri, debba conformarsi quanto più possibile al modello della moglie di Cesare. Non è perché giudichi le sue asserite preferenze per le fisioterapiste in bikini stretto di tipo brasiliano un fatto eminentemente privato, come pure si è detto, visto che credo che a preferenze di quel tipo ognuno sia libero di indulgere, naturalmente, ma sarebbe sempre meglio se le spese fossero a suo carico. No, dev'essere qualcosa d'altro. Probabilmente il motivo per cui il personaggio non fa scattare in me nessuna molla d'indignazione è che non riesco – davvero non riesco – a prenderlo sul serio. E come si fa, mi spiego, a prendere sul serio uno che, pur rivestendo un'alta funzione pubblica e facendo parte, per giunta, del Governo, si presenta al pubblico, alla stampa, in televisione, indossando di preferenza quell'assurdo giubbotto attillato (o è una maglietta, non so), con bordino tricolore al colletto, la scritta “Presidenza del Consiglio dei Ministri” all'altezza del cuore e il logo della Protezione civile nella posizione in cui gli ufficiali della prima serie di Star Trek portavano il logo dell'Enterprise? Uno che, pur avendo a che fare istituzionalmente con emergenze e catastrofi, trova il modo di giocare ai soldatini – perché quella mise, ovviamente, è il surrogato di una uniforme – o al capitano Kirk ed evidentemente gli piace? Non so voi, ma a me sembra un indizio palese di mancanza di serietà.
    Non fraintendetemi. Sono convinto anch'io che ognuno è libero di vestirsi come gli pare e che l'obbligo, in situazioni formali, della giacca e cravatta appartiene a un passato da cui siamo lieti di esserci liberati. Non mi sfugge, inoltre, il fatto che l'uso di quel giubbotto con bordino (se è un giubbotto), o del corrispondente indumento che il sottosegretario ama sfoggiare in esterni, un giaccone blu rinforzato con logo e scritte varie in bella vista, ha una importante funzione comunicativa, volendo segnalare agli astanti che chi lo indossa non è un qualsiasi burocrate, un passacarte uso a frequentare soltanto uffici, ministeri e salotti, ma uno sempre pronto a proiettarsi sul campo, a visionare la situazione di persona, ad assumere lui stesso la direzione dei necessari soccorsi. In simili circostanze, la praticità del vestire fa ovviamente aggio sull'eleganza formale e giustifica delle scelte sartoriali che in altri casi potrebbero lasciare adito al dubbio.
    Non mi sfugge, ma non mi convince. Il sottosegretario in questione non è certo un burocrate, Dio ne scampi, e quando si aggira per i luoghi delle varie emergenze che gli sono affidate può vestirsi come gli pare, anche se il suo ruolo – inutile negarlo – resta di tipo organizzativo, non rientrando nei suoi compiti né l'impugnare vanghe né il manovrare gru. Quello che non capisco è perché debba agghindarsi in quel modo quando si presenta a “Porta a porta” o a “Ballarò”. È lo stesso caso di quei generali americani in Iraq usi a tenere le conferenze stampa in tuta mimetica. Ottima, indispensabile, anzi, sul campo, la tuta mimetica non può che essere fastidiosa davanti alle telecamere, alla luce dei riflettori e nei locali dello Stato Maggiore, e nulla vieterebbe a quei bravi ufficiali di indossare l'uniforme di riposo, guarnendola, se lo desiderano, con tutte le medaglie e i nastrini che si sono meritati in passato. Se preferiscono la tenuta da fatica, hanno, evidentemente, uno scopo: lo fanno per segnalare agli spettatori che sono lì, appunto, per faticare, che affrontano continuamente un nemico insidioso e che non hanno un momento di tregua nel loro assiduo impegno a pro del paese. Sul campo, sotto il fuoco nemico, naturalmente non metteranno mai piede, visto che non è il loro compito, ma è come se.
    Anche per Bertolaso, suppongo, è come se. Oltretutto, lui ha un problema che i generali non hanno, nel senso che a costoro nessuno contesta – credo – il diritto di disporre immediatamente e senza complicazioni burocratiche delle risorse assegnate, mentre lui è legato alle lentezze e alle pedanterie dell'amministrazione civile, deve preoccuparsi di appalti e controlli, e la sua aspirazione più viva (sua e del governo di cui fa parte, da Berlusconi in giù) è esattamente quella di godere di una libertà di manovra di tipo, appunto, militare. L'idea di segnalare questa esigenza a chi di dovere (e al pubblico) militarizzandosi un pochino lui stesso, deve essergli sembrata una bella furbata. D'altronde, non sarà un caso se anche il suo capo, in mancanza di uniformi, adora i giubbotti e i giacconi, che sono quanto di più militaresco si può permettere, e non è mai tanto contento che quando può esibirsi con la palandrana della marina russa che gli ha regalato l'amico Putin e non importa se l'aquila bicipite che vi fa spicco non ha nulla a che fare con le nostre tradizioni nazionali. Gioca ai soldatini anche lui, o al capitano dell'astronave, sognando in cuor suo le responsabilità e l'ebrezza dell'uomo solo al comando.
    E con tutto il rispetto per il capitano Kirk, che in uniforme si metteva per esigenze di copione, e comunque non muoveva un passo senza consultarsi con il signor Spock e il dottor McCoy, voi vi fareste impressionare da un tipo così?

    28.02.'10