Il giusto

La caccia | Trasmessa il: 02/19/2012


    Il giusto

    Gioca il giusto!” ti raccomanda la vocetta alla fine dello spot, dopo che, sulla melodia di una delle canzonette più insulse degli ultimi decenni, alcuni insulsi personaggi hanno finito di spiegarti quali insulsi sogni vorrebbero realizzare nel caso toccasse loro la sorte di vincere al Superenalotto. Gioca il giusto, evidentemente, nel senso di non esagerare, di non sperperare il tuo patrimonio accanendoti nell'inseguimento di quella minima probabilità di fare sei, di non togliere il pane di bocca ai bambini e di non costringere gli anziani genitori all'ospizio di mendicità per poter investire fino all'ultimo soldo in sistemi sempre più complessi e costosi. Gioca con moderazione, quanto basta per divertirti senza correre inutili rischi. Non precluderti la speranza, ma non non spingersi fino all'avventatezza.
    Avrete sentito dire, suppongo, che quello e altri spot sono al centro di un serio dibattito tra i lavoratori di Radio Popolare. Molti ritengono che sia incongruo con l'etica e lo stile della nostra emittente trasmettere della pubblicità in lode, per dirne una, di auto prodotte della Fiat, un'azienda la cui politica industriale suscita in tutti noi le più ampie riserve, o volta a promuovere il gioco d'azzardo, una pratica che, se pure non (più) illegale, non sembra per vari motivi meritevole di essere incoraggiata. Sono, questi della Fiat e del Superenalotto, esempi di quella “pubblicità nazionale” cui prima RP non dava gran che spazio e che siamo stati costretti ad accettare in misura crescente perché, causa crisi, il flusso degli annunci locali, nostra tradizionale fonte di finanziamento, è parecchio diminuito. Giorni fa, ricorderete, il problema è stato proposto agli ascoltatori in una trasmissione di “Microfono aperto” cui hanno partecipato il direttore e l'amministratore delegato. Se ho capito bene, l'orientamento maggioritario è quello di mantenere gli spot della Fiat, che di uno specifico prodotto cantano le lodi e non dell'azienda produttrice, e di darci un taglio con il gioco d'azzardo e, per una volta, non posso dire di essere in disaccordo. Certo, se una crescita vertiginosa degli abbonamenti ci permettesse di fare del tutto a meno della pubblicità saremmo tutti più soddisfatti, ma, per ora, la contraddizione che essa rappresenta va considerata inevitabile.
    Daremo presto l'addio, dunque, alle canzonette in lode del Superenalotto e di altre forme di azzardo di stato. E daremo l'addio a quell'invito a giocare il giusto che è poi, di quel tipo di pubblicità, l'elemento che più di tutti mi dà sui nervi. Quello che da solo, senza alcuna necessità di farci avventurare in dubbie speculazioni sulla eticità del gioco d'azzardo in generale e di quella forma di gioco in particolare, dovrebbe bastare a farci respingere quei messaggi.
    Perché quel “gioca il giusto”, in definitiva, appartiene alla categoria che definirei dei contromessaggi precauzionali. È dello stesso genere dell'avvertimento che, in calce alle lodi della tal pastiglia per la tosse, ti fa notare che si tratta di un medicinale, che va usato con prudenza e può comunque produrre degli effetti indesiderati anche gravi. Non è molto diverso dalle scritte minatorie sui pacchetti di sigarette, quelle che prospettano le conseguenze più funeste per chi si appresta a consumarne il contenuto. È affine alla raccomandazione con la quale, dopo averti esortato a investire i tuoi risparmi nel tale prodotto finanziario, ti si sussurra che, comunque, prima di deciderti, faresti bene a studiarti i termini dell'offerta come sono stati messi per iscritto.
    Sono tutti questi messaggi, in definitiva, degli indicatori della pericolosità dell'articolo di cui si propone l'assunzione o il consumo. Come se il proponente ti dicesse “Sì, lo so che questo prodotto fa male o che questa pratica potrebbe produrti non poco danno, ma vedi tu: io ti ho avvertito”. Un avvertimento un po' ipocrita, si potrebbe dire, ma sostanzialmente innocuo. Ma un avvertimento, tuttavia, che, per trovar spazio in un ambito pubblicitario, deve essere quanto più innocuo possibile, deve scivolar via quasi inavvertito, senza incidere più che tanto sulla coscienza di chi lo recepisce. Non è un caso che quelli relativi ai medicinali o agli investimenti – per esempio – siano pronunciati a voce più bassa e a ritmo più veloce del testo principale dell'annuncio. È una mossa elementare, ai limiti dell'ingenuità, ma a quanto pare funziona.
    Nel caso del gioco d'azzardo, evidentemente, si preferisce affidarsi alla brevità della formula (un velocissimo distico trocaico, che non hai fatto in tempo a percepirlo ed è già passato) e alla sua ambiguità semantica. Cos'è il giusto in questo contesto, in effetti? Sì, lo sappiamo, è il non esagerato, ma in base a quali criteri? Chi lo definisce in quanto tale? Vale per tutti o dipende da individuo a individuo? È assoluto o relativo? È ovvio che a queste domande non puoi che rispondere tu e che a te solo, dunque, spetta la definizione, ma questo vuol dire semplicemente “gioca quanto decidi tu di giocare”. Se ritieni giusto venderti la casa per tentare il colpo gobbo al casinò (o il sei al Superenalotto, non importa), venditela pure e che gli dei ti aiutino. Io ti avevo avvisato.
    Abbiamo così un messaggio apparentemente contraddittorio (l'invito, al tempo stesso, a fare e a non fare) in cui, però, l'elemento negativo è studiato per essere meno avvertito possibile, determinando una falsa contraddittorietà che dall'area dell'ipocrisia sconfina in quella dell'inganno qualificato. Uno scarico di responsabilità che altro non significa che “non venire poi a lamentarti con me”. Una presa per i fondelli del cittadino consumatore, che rischia, dando retta a quegli annunci, di trovarsi cornuto e mazziato.

    Mai come in questi casi vale il principio per cui nel dubbio è meglio astenersi.
19.02.'12