Il fattore che non c'è

La caccia | Trasmessa il: 10/26/2008


    Non vorrei rubare il mestiere all'ottimo Roberto Festa e non intendo azzardare un pronostico su chi vincer‡ le elezioni negli Stati Uniti. Avrete notato, del resto, che ogni volta che faccio una previsione, la canno clamorosamente: ricordo quando, nel '94, spiegai, qui alla Caccia, che Berlusconi non aveva alcuna probabilit‡ di vincere le elezioni o quando, nel settembre del 1989, scrissi (mi sembra su "Linus") che la Germania Est non faceva forse una gran simpatia, ma era uno stato solido e ben organizzato e sarebbe durato ancora per un bel pezzo. Tuttavia, adesso che siamo al dunque e tutti hanno capito che il fattore decisivo, in definitiva, sar‡ quello di cui nessuno puÚ parlare, cioË il colore della pelle del candidato democratico, mi sembra che ci sia spazio per un paio di considerazioni generali.
    PerchÈ non occorre essere dei gran politici per sapere che Ë questa, volere o volare, l'unica novit‡ dello scontro in corso. » vero che la pi˘ parte dei commentatori si sforza, per ovvi motivi, di negarlo, di riportare la materia del contendere ai temi tradizionali del lavoro, dell'economia, delle tasse, dell'immigrazione, della politica estera e delle questioni etiche, aborto in testa. Ma si tratta di tematiche, appunto, tradizionali, di problemi che ogni quattro anni puntualmente si ripresentano, su cui gli elettori sono in gran parte gi‡ schierati e ai quali, chiunque vinca dei due, non si aspettano soluzioni troppo diverse. Invece, l'elezione di un nero, sia pure di un nero come il senatore Obama, che ha una storia etnica diversa da quella degli altri afroamericani e non ne condivide nÈ l'accento nÈ la sottocultura caratteristica (nÈ, tutto sommato, il colore), significherebbe, ovviamente, tutt'altra cosa. In una societ‡ che si Ë sempre tenuta in bilico tra la pratica della segregazione e la teoria del crogiolo, rappresenterebbe, al di l‡ delle intenzioni personali, una bella sberla, una svolta epocale in termini di autocoscienza e di prospettive. D'altronde, da questo punto di vista, altrettanto sarebbe forse successo se la signora Clinton avesse vinto le primarie e al posto di Obama ci fosse lei. Le differenze di razza (passatemi il termine, per antiscientifico e fuorviante che sia) e quelle di genere contano, nella struttura profonda della societ‡ americana (e non solo), pi˘ delle convinzioni etiche e degli stessi interessi materiali.
    Ora, di trasformazioni epocali del genere l'America non Ë del tutto incapace. Visto come sono andate le cose fin qui, possiamo persino supporre che ne sia tentata. Ma trattandosi, appunto, di una trasformazione della struttura profonda Ë logico aspettarsela come conseguenza di un sommovimento altrettanto profondo, come soluzione estrema di una crisi disperata, non come il risultato di un'elezione giocata su temi "normali". E siccome gli americani saranno forse ideologicamente ipocriti, come tutti, ma scemi certamente non sono, Ë probabile che lo sappiano anche loro, e che il vero problema su cui si stanno interrogando in questi giorni sia appunto quello del quanto sia disperata la crisi, o meglio, se lo sia abbastanza per giustificare un cambio di rotta di tanta portata.
    Di neri e di donne, naturalmente qualcuno Ë gi‡ arrivato ai vertici di quel paese, anche se non alla presidenza. In fondo, lo stesso Bush ha scelto come suo Segretario di Stato prima un generale di colore e poi una donna nera. Ma appunto: Bush poteva permetterselo, nel senso che garantiva, con la sua persona e la sua storia, che la novit‡ non sarebbe stata dirompente. » lo stesso fenomeno, pi˘ o meno, che si Ë verificato in Europa, dove le non moltissime signore che sono riuscite a entrare nelle stanze del potere sono partite, come la Thatcher, dalle file dei conservatori. » come se agli occhi dell'elettorato certe audacie vadano, in qualche modo, compensate e se certe combinazioni, in sÈ contraddittorie, appaiano pi˘ tranquillizzanti. Per l'opinione pubblica occidentale, negli USA e altrove, sembra che la combinazione democratico e donna, o democratico e nero, sia un po' troppo.
    Come risultato di tutto questo, il pi˘ importante evento elettorale del pianeta si gioca su un fattore del quale nessuno ha il coraggio, l'intenzione o l'interesse di parlare. Si gioca, cioË, sul sottinteso e sul rimosso e presumibilmente sul senso di colpa che di solito accompagna i sottintesi e le rimozioni. Non si direbbero le condizioni migliori per garantire una scelta affidabile, ma cosÏ stanno le cose e comunque sappiamo tutti che quella di non dichiarare mai il valore in base al quale si sceglie, anzi, di occultarlo con cura, Ë una delle pratiche pi˘ diffuse nell'interscambio ideologico (anzi, Ë il fondamento stesso dell'ideologia) e non si capisce perchÈ non dovrebbe prosperare anche laggi˘. E i sondaggi servono poco, perchÈ ormai abbiamo imparato che in politica gli elettori sono non meno bugiardi degli eletti.

    26.10.'08