Da qualche tempo, ve ne sarete accorti
anche voi, mi sento come ossessionato dalla pubblicità stradale. Non
riesco a posare gli occhi su un manifesto, qualsiasi cosa reclamizzi, senza
rabbrividire fin nei precordi. Com’è e come non è, mi sembra che
quanti si occupino di questa moderna forma di comunicazione facciano a
gara nel non lasciarsi sfuggire nessuno degli aspetti più repellenti del
nostro mondo. Si direbbe che non ci sia volgarità troppo demenziale
o demenzialità troppo volgare per non poter essere utilizzata per farci
comperare qualcosa. Ma devo ammettere che non mi era ancora capitato
di imbattermi in un’affiche capace di suscitare, oltre che un genuino
disgusto per il prodotto cui si riferisce, delle riflessioni così cupe
in chi dovrebbe consumarlo, come quella che pubblicizza non ricordo più
quale marca di insaccati con lo slogan “maiali per caso, salami per scelta”.
Vedete:
già da un punto di vista puramente iconico quell’oggetto presterebbe il
fianco a più di una critica. Raffigura due rosei maialetti visti
da retro, con le loro belle codine arricciate e, così a occhio e croce,
non mi sembra sia buona politica ricordare ai consumatori di proteine animali
che il loro alimento preferito faceva parte integrale, un tempo, del corpo
di una bestia per tanti aspetti simile a noi e che da quel corpo è stato
rimosso mediante una serie di procedure che, se applicate a noi, non ci
piacerebbero punto. Alla macellazione, con tutti i suoi annessi e
connessi, di solito si preferisce non pensare. Facciamo una fatica
del diavolo a categorizzare quei pezzi di carne sotto delle denominazioni
abbastanza innocue del tipo di “bistecche”, “cotolette”, “nodini”
e quant’altro, rimuovendo con cura dalla nostra mente l’immagine dell’animale
vivo e placidamente intento a farsi i fatti suoi, e di solito non abbiamo
nessuna voglia di riflettere sul fatto che mai come in questo caso la vita
nostra equivale, ahimè, alla mors sua. E questo è tanto più vero,
naturalmente, nel caso degli insaccati, un prodotto che ha subito abbastanza
trasformazioni tecnologiche perché ce lo si possa gustare in pace, senza
la sgradevole impressione di cibarsi, alla fin fine, di interiora ripiene
di carne macinata cruda e grumi di grasso. Ma siccome è consuetudine
diffusissima reclamizzare i salumi con l’immagine di allegri porcelli
sgambettanti, può darsi che mi sbagli. Dei misteri della pubblicità
so davvero assai poco.
Ma
quello slogan, perbacco! Sembra ispirato da una lettura tardiva del
Caso e la necessità di Jacques Monod. Lo ricordate, no? Era
quel “saggio sulla filosofia naturale della biologia contemporanea” in
cui, una trentina di anni fa, l’autore (che aveva vinto un premio Nobel
per la medicina nel ’65) cercava di fondare una morale su basi epistemologiche,
partendo dalla constatazione, in sé abbastanza banale, per cui “gli eventi
iniziali elementari che schiudono la via dell’evoluzione … sono microscopici,
fortuiti e senza alcun rapporto con gli effetti che possono produrre nelle
funzioni teleonomiche” ma che “una volta inserito nella struttura del
DNA l’avvenimento … verrà automaticamente e fedelmente replicato e tradotto,
cioè contemporaneamente moltiplicato e trasposto in milioni o miliardi
di esemplari”, per cui “uscito dall’ambito del puro caso, esso entra
in quello della necessità, delle più inesorabili determinazioni” (cito
da pag. 118 della 1ª ristampa Oscar Mondadori, del 1976). Che è un
modo piuttosto erudito per esprimere una verità di cui, in fondo, siamo
tutti abbastanza consapevoli (tranne forse il presidente Formigoni): quella
per cui è probabilmente un caso se siamo quello che siamo – maiali, balene,
palmizi o esseri umani – ma che è poco ma sicuro che non potremo mai essere
qualcosa d’altro. Sarà anche un caso che un maiale sia un maiale,
ma questo non significa che possa diventare – mettiamo – un’allodola.
Già.
Ma questo non significa neanche che il suino in questione debba di
necessità trasformarsi (o essere trasformato) in salame. Quest’ultimo
passaggio è il portato di una necessità aggiuntiva, di una necessità, per
così dire, eterodiretta. In fondo, il manifesto da cui siamo partiti
ha perfettamente ragione. Si è maiali per caso, ma si diventa salami
per scelta. L’unico particolare che non specifica, forse perché
è troppo ovvio, è che si tratta di una scelta altrui, dipendente, in ultima
analisi, da banali questioni di potere.
Be’,
mi direte, ci spiace per la povera bestia, ma così va il mondo. E
noi comunque cosa c’entriamo? Il caso non ci ha fatto maiali e,
di conseguenza, non abbiamo motivo di preoccuparci della loro sorte.
Ahimè,
cari amici, è troppo comodo. In questa storiaccia c’entriamo anche
noi. De nobis fabula narratur. È improbabile, sia pure non
del tutto impossibile, che di noi facciano salami o articoli affini, ma
sul fatto che il nostro futuro dipenda, per così dire, da scelte che non
sono nostre non credo sia possibile avere dei dubbi. E il fatto
che siano in tanti ad avere potere su di noi, a pianificare il nostro destino
secondo i loro interessi, non è affatto frutto del caso, né d’altronde,
della necessità. È il frutto di una scelta, non si sa bene quanto
nostra o altrui, ma profondamente radicata in questo mondo di rassegnati:
quella di non ribellarci.
Insomma,
non so cosa dirvi. A me quello slogan, anche se non a noi uomini
di buona volontà si riferisce, ma ai nostri fratelli maiali, mi ha davvero
depresso.
24.12.’00