Gotico fiorito

La caccia | Trasmessa il: 11/01/2009


    Non analizzerò nei dettagli – altri, più competenti di me, l'hanno fatto – quel singolare mix di libro dei sogni e prese per il sedere che la sindaca Moratti ci ha fatto recapitare a nostre spese per celebrare le realizzazioni, effettive o presunte, dei suoi primi tre anni di mandato. Non darò voce neanche all'ipotesi di cui molti, per certa loro amara sospettosità, sono convinti, secondo la quale l'oggetto in questione avrebbe la finalità implicita di disporre favorevolmente le masse a una richiesta di proroga, quando sarà il momento, del mandato di cui. Se ciò fosse, naturalmente, ci sarebbe non poco da ridire sulla moralità di chi utilizza delle risorse pubbliche per perseguire quello che è, in definitiva, un proprio interesse privato, ma in assenza di dichiarazioni esplicite in tal senso, di un mero sospetto si tratta e non si può far altro di sperare che sia infondato. E poi, in un paese come l'Italia, in cui un governatore di regione utilizza l'auto blu di servizio per recarsi a un convegno di amori prezzolati, non si può pretendere troppo in tema di moralità pubblica.
    Qualcosa si potrebbe pretendere, invece, a proposito della credibilità delle affermazioni contenute in un opuscolo voluto e asseverato dalla prima cittadina in persona. Ma ditemi voi cosa può esserci di credibile in una pubblicazione che si presenta fin dalla copertina con un'immagine di patente falsità, quella di una lussuosa fioritura di azalee (o camelie, magnolie o qualcosa del genere) sullo sfondo dell'abside del Duomo. Sappiamo tutti che in quel tratto di selciato compreso tra la Cattedrale, l'Arcivescovado e il Palazzo Reale non allignano né siepi né cespugli. Vi ci si tiene, al massimo, un mercatino periodico di fiori e piante, ma per ottenere quell'immagine è pur sempre necessario disporre lungo il perimetro esterno della navata sud una certa quantità di azalee in vaso e pregare il fotografo di sdraiarsi per terra, per ottenere l'angolatura richiesta. Operazioni del genere, per carità, sono sempre lecite, ma promanano un alone di artificioso che in un certo modo dispiace. Come artificioso sembra il fatto che il titolo dell'opuscolo, ovviamente redatto in italiano, si presenti in forma trilingue, specificando che il suo oggetto non è solo “la nostra Milano”, ma “Our Milan”, in inglese, e prima ancora “El nost Milan” in puro dialetto meneghino. Perché è giusto, figuriamoci, rendere omaggio alla vocazione internazionale di una città in cui fervono i traffici internazionali e vivono molteplici etnie, e altrettanto giusto, nonché caro agli amici leghisti, è onorarne la lingua nativa, ma limitare l'omaggio e l'onore al semplice titolo, senza nemmeno sognarsi di darvi seguito alcuno, sembra un po' un tentativo di cavarsela a buon mercato. Riferirsi al nost Milan in dialetto vuol comportare, suppongo, una sfumatura di affetto, un senso di partecipazione e di appartenenza, ma l'espressione, se immaginata sulle labbra di quella algida signora in tailleur fotografata a pagina 2, una che più lontana di così dall'immagine della milanese del popolo non potrebbe essere, sa veramente un po' troppo di degnazione.
    A me, poi, El nost Milan fa venire in mente soprattutto il titolo di una commedia (1893) di Carlo Bertolazzi, a una cui lontana messa in scena interpretata da Valentina Fortunato e Tino Carraro ricordo di aver assistito, quando ero poco più di un ragazzo, al mitico Piccolo Teatro di Giorgio Strehler. Si trattava, per la precisione, della proposta della prima parte di quel celebre dittico, La povera gent: la seconda, dedicata a I sciori, sulle scena ha sempre avuto meno successo. La nostra città vi veniva presentata secondo uno stereotipo allora piuttosto diffuso: una comunità in pieno sviluppo, ricca di occasioni e opportunità per tutti, ma non priva – ahimè – di una sua intrinseca durezza, di una spigolosa ruvidezza capitalistica a contatto con la quale i percorsi dei suoi industriosi abitanti non sempre giungevano a buon fine. Non per niente la Nina, figlia dell'onesto Peppon, dopo la brutta avventura con il malavitoso Togasso, non darà retta all'ultimo consiglio del padre (“Patiss la famm, ma va no coi sciori, per l'amor di Dio!”) e si avvierà verso quella che allora, in tempi più severi dei nostri, si definiva una vita di abiezione. Erano anni in cui anche a Milano la vita era dura e quella del fallimento rappresentava un'ipotesi di cui tenere il debito conto.
    Ahimè. Neanche nella Milano di oggi, lo sappiamo, la vita è tutta rose e azalee e la possibilità di lasciarci, in un modo o nell'altro, le piume non va mai trascurata. Succede dovunque, naturalmente, ma in una città come la nostra ci sono parecchi problemi specifici: di lavoro, di ambiente, di vivibilità, di servizi... tutte cose che, francamente, non sembrano turbare la nostra gentile amministratrice. Che, infatti, non spende una parola sul lavoro e i suoi guai e al resto allude solo quando può dire, forzando un po' i dati, che va tutto bene: un milione di metri quadrati di verde in più, 128.000 nuovi alberi, un ecopass che funziona alla grande e abbatte le polveri sottili che neanche la bora, biciclette e metropolitane per tutti, autobus ecologici, parcheggi, servizi automatizzati, case, posti nido, assistenza anziani, sicurezza, cultura... va tutto bene, in tutto si segnalano spettacolosi progressi. Che non sia vero, naturalmente, che sia un quadro in gran parte proiettato al futuro, lo sa anche lei, come sa che in piazza Duomo non crescono le azalee, ma la verità in pubblicità è spesso un optional e in piena pubblicità ci troviamo. Siamo o non siamo nella capitale del terziario?

    Ah sì. All'opuscolo è acclusa una cartolina (sempre candida di marmi e fiorita di azalee) utilizzando la quale i destinatari potranno, senza spesa, far pervenire al Comune i propri consigli. Ora, capisco che la tentazione di servirsene per spiegare alla sindaca e ai suoi assessori quello che esattamente si pensa di loro è piuttosto forte, ma io consiglierei di non farne niente. Se anche ricevesse un milione di inviti ad andarsene al diavolo, la Moratti sarebbe capace di rispondere che la sua iniziativa ha avuto un grande successo, tanto è vero che ha ricevuto un milione di consigli. Del resto, l'invito a mandare i consigli c'è, ma non troverete da nessuna parte l'impegno a tenerne conto.
01.11.'09