Gerarchie editoriali

La caccia | Trasmessa il: 12/16/2001



Il cartoncino che mi è giunto per posta è sobrio ed elegante, come ben si addice alle consuetudini grafiche di chi l’ha prodoto, e mi invita , per le ore 18 del tal giorno, presso la tal libreria del centro cittadino, alla presentazione dell’ultimo volume uscito nei “Millenni Einaudi”. È una collana che suppongo conosciate anche voi: sono quei volumoni rilegati dalla sovracoperta bianca lucida in cui la celebre casa editrice torinese suole pubblicare i classici di tutte le epoche e di tutte le culture, da Proust all’Antologia Palatina, da Guerra e Pace all’opera omnia di Chaucer.   Solo che questa volta l’autore appartiene, se così si può dire, a una diversa dimensione letteraria, nel senso che per essere grande è grande senz’altro, ma non di una grandezza che normalmente si soglia collocare sullo stesso livello di quella di Proust e di Tolstoi.  Si tratta, per farla breve, di Emilio Salgari (o Sálgari, come – nonostante tutto – preferisco continuare a chiamarlo), ai cui “Romanzi di giungla e di mare” il volume è intitolato.  Di quali romanzi si tratti non si specifica, né è facile indovinarlo, visto che un buon ottanta per cento della produzione del prolifico autore veronese è ambientata in questa o quella giungla o sull’uno o sull’altro mare, ma basta una rapida inchiesta in libreria per scoprire che il libro raccoglie due opere assai conosciute, Le tigri di Mompracem e I misteri della giungla nera, cui si affianca, come si usa in volumi di questo tipo, una trouvaille meno nota: una Avventura sull’Oceano Pacifico che non avevo mai sentito nominare e di cui, in verità, non mi dispiacerebbe fare la conoscenza.
        La mia prima reazione, naturalmente, è di compiacimento.  Appassionato lettore di Salgari in età giovanile (ma, vi confesso anche dopo), e accanito lettore di narrativa trash per tutta una vita,  sono lieto che un autore a me caro, che un tempo con il trash veniva identificato quasi automaticamente, sia oggi assunto in quella che dal punto di vista editoriale può essere considerata, se non proprio l’Olimpo della letteratura mondiale, una sede di tutto rispetto.  Anche le collane editoriali, si sa, hanno uno status culturale e sociale, uno status che si estende ipso facto ai libri che vi compaiono, e i Millenni Einaudi non saranno l’Universale della Gallimard, ma qui in Italia si collocano decisamente al top.
        D’altro canto…  d’altro canto c’è qualcosa che mi lascia perplesso.  Ho come l’impressione che pubblicare tre romanzi del creatore di Sandokan e del Corsaro Nero nella stessa collana dell’Iliade possa significare qualcosa d’altro che un riconoscimento di eccellenza.   Non perché tema che in quella troppo eccelsa compagnia il nostro autore possa sentirsi a disagio: ho sempre sostenuto che non esistono scrittori di serie A e di serie B, non foss’altro perché ogni autore va giudicato secondo i criteri che gli si addicono e non secondo quelli che si addicono ad altri, per cui un confronto, diciamo, tra le Tigri di Mompracem e la Recherche avrebbe ancora meno senso di quello tra una qualsiasi delle due opere e il Mahabharata.   Ma, che volete, non riesco a superare il sospetto che i curatori di quella collana non la pensino esattamente così.  Che, da parte loro, il bel gesto di avere inserito Salgari tra i sommi puzzi, per così dire, di condiscendenza, come quello di un aristocratico dei tempi andati che, una volta ogni tanto, convitasse i villici nei saloni del castello e ne traesse compiacimento e implementazione dell’autostima, senza neanche accorgersi di dimostrare, nei confronti dei presunti beneficati, una mancanza di rispetto non lieve.
        Ci ho pensato un po’ su e ho capito da cosa nascesse quel sospetto.   Derivava dal titolo del volume: da quel Romanzi di giungla e di mare che meno salgariano non potrebbe essere e che, pensa che ci ripensa, riecheggia volutamente quello dei Racconti di mare e di costa di Conrad, come se si fosse voluto, in qualche modo, nobilitare l’opera di un maestro della narrativa di consumo paragonandola a quella di un autore ostentatamente “serio”, un aggettivo che non significa niente sul piano dei valori letterari, ma molto su quello delle gerarchie.   Sulle gerarchie, d’altronde, si fonda la struttura del mondo culturale italiano, editoria compresa, e non ci si può aspettare che ne prescinda chi gode in quel mondo di una posizione eminente.  Il che, a pensarci bene, non è un problema da poco, perché a dividere le proposte culturali secondo una gerarchia accreditata si hanno ottime possibilità di farsi sfuggire novità e proposte stimolanti e di dare importanza alle imitazioni e alle ripetizioni del già noto, di proporre all’inclito pubblico un sistema di valori fossilizzato e conservatore.  E questa, come ben sappiamo in questi giorni di berlusconismo trionfante, non è una questione che riguardi solo l’editoria.
        Ahimè.  Non sono andato alla presentazione e ho deciso di non acquistare il volume.  La decisione un po’ mi rallegra, perché presumo, dati i prezzi di quella collana, che mi farà risparmiare non meno di un centinaio di carte, e un po’ mi dispiace, perché Un’avventura sull’Oceano Pacifico, che volete, l’avrei letta volentieri.   Ma bisogna essere coerenti.  Se poi qualche ascoltatore gentile, visto che siamo sotto Natale, decidesse di mandarmelo in dono, vedrò come regolarmi.

Carlo Oliva, 16.12.’01