Fosse solo lui

La caccia | Trasmessa il: 03/04/2007



Vi avevo detto, la settimana scorsa, che il governo era caduto per errore, nel senso che dei quattro senatori responsabili della crisi della maggioranza, almeno tre (Andreotti, Rossi e Turigliatto) non avevano la minima intenzione di sortire quel particolare evento e gli intendimenti del quarto, a questo punto, contavano poco.  L’ipotesi, almeno per quanto riguarda Andreotti, è stata poi confermata in varie interviste dall’interessato in persona e ciò non ha potuto che farmi piacere.  Ma avevo anche negato, nella stessa circostanza, che il suo voto potesse essere visto come l’espressione di una congiura vaticana ai danni del previsto statuto delle coppie di fatto e in questo, ahimè, mi sono clamorosamente sbagliato.  Era proprio per via dei Dico che il senatore ce l’aveva con Prodi, con particolare riguardo a quella parte del disegno di legge che prende(va) in considerazione i diritti dei conviventi gay.  Non di queste riforme hanno bisogno i nostri giovani, ha ammonito il divo Giulio in Senato, facendo capire che della libertà di coscienza cui il presidente del consiglio aveva affidato l’incerto destino del provvedimento lui non sa proprio che farsene e che se mai dell’argomento si tornerà a parlare in aula i sostenitori della famiglia per obbligo potranno contare sul suo pollice verso.  Ed è inutile obiettargli, naturalmente, che la sede per esprimere quel convincimento non era esattamente la votazione sui criteri della politica estera.   Non era colpa sua se la ben nota arroganza dell’uomo con i baffi aveva dato a quel dibattito tutte le caratteristiche di un voto di fiducia e poi è vero che lui si è occupato a lungo di questioni internazionali, soprattutto come Ministro della Difesa, ma l’unico stato estero con il quale ha sempre auspicato le migliori relazioni possibili, non ci piove, è la Città del Vaticano.
        E pazienza se a farsi zelatore di questa peculiarissima politica estera fosse solo lui.  A lui, se non altro in considerazione dei sessant’anni di strenuo clericalismo che ha sul groppone, a partire da quando entrò come sottosegretario nel primo governo De Gasperi, potremmo anche perdonarglielo.  La coerenza è coerenza e non sono moltissimi, nel nostro Parlamento, a potersene vantare.  In compenso, di baciapile di ritorno ce n’è uno spicinìo.  Non dico solo degli ex (?) democristiani della Margherita, dell’Udc, dell’Udeur, da cui non ci si possono aspettare grandissime manifestazioni di spirito laico, anche se un poco avrebbero potuto sforzarsi, ma gli altri non hanno fatto molto di meglio.  I vari eredi del PC, diessini, rifondaroli o che altro, del dibattito politico della casa madre ricordano quasi soltanto che Togliatti aveva un debole per il “dialogo” con i cattolici.   La destra riesce a coniugare le più solenni professioni di fede liberale con il massimo della compiacenza ai voleri del clero, dimenticando che i liberali storici quando i vescovi si inframmettevano nella legislazione civile li facevano arrestare senza ai né bai, come fece il pur mite D’Azeglio ai tempi delle leggi Siccardi.  I leghisti trovano del tutto conciliabili la pratica dei riti celtici e il culto del Dio Po con l’ossequio ai voleri della CEI, l’unica autorità romana, a quanto pare, che si sentono disposti a prendere in considerazione.  Persino i radicali, da quando hanno scoperto le gioie dello stare al governo, chi li sente più?  Nel frattempo la rivista dei gesuiti spiega che è inutile cercare di migliorare il testo di legge in questione, visto che è molto più sano e sicuro l’abolirlo del tutto, l’Unione giuristi cattolici nega rilievo pubblico e sociale alle coppie gay, perché “strutturalmente non aperte alla generazione” (e ci voleva un’unione di giuristi per scoprirlo), la Federazione dei consultori cattolici promuove una raccolta di firme contro “l’equiparazione della famiglia fondata sul matrimonio alle convivenze” e cara grazia se nessuno finora ha proposto, come elemento di dissuasione per chi si fa certe idee, la reintroduzione del rogo.
        Vox populi, naturalmente, vox dei.  Di fronte a questo vasto consenso di forze politiche e società civile, è lecito chiedersi se cercare d’opporcisi, ormai, non sia altro che una forma di ostinazione vana, una manifestazione di luciferina superbia.  Forse, dopo tutto, hanno ragione loro e la soluzione ai tanti problemi che tormentano la società italiana si potrebbe cercare in una qualche forma di restaurazione del potere temporale.  Se ciò non fosse possibile, ci si potrebbe accontentare dell’instaurazione di un formale protettorato vaticano sulla Repubblica.  La differenza, rispetto alla situazione attuale, non sarebbe granché e pensate a quante complicazioni ci risparmieremmo.  Potremmo, per dirne una, licenziare l’esercito, chiudere tutte le basi e affidarci alla protezione della Guardia Svizzera.  Gli americani non ne sarebbero, forse, felici, ma si sa che non è possibile servire insieme Dio e Mammona e bisogna saper fare le proprie scelte.  Andreotti non avrebbe dubbi in proposito e degli altri, in definitiva, cosa ce ne importa?

04.03.’07