Due tipi di astuzia

La caccia | Trasmessa il: 11/15/2009


    Spero che non mi fraintendiate, ma, francamente, di questa idea del processo breve non riesco a scandalizzarmi. Lo so anch'io che non basta porre un limite temporale ai processi per avere delle sentenze rapide, che per far funzionare la “macchina” della giustizia vanno predisposti mezzi e risorse e che inventare a getto continuo nuove tipologie di reato non è il modo migliore per snellire le procedure, ma, insomma, da qualche parte bisogna ben cominciare e quella di mettere una scadenza all'attività dei giudici mi sembra, per cominciare, un'idea abbastanza accettabile. In fondo, quello della lunghezza dei processi è veramente uno scandalo nazionale e quali che siano le risorse a disposizione del sistema giudiziario nessuno ha mai sostenuto che oggi vengano utilizzate al meglio. Di tribunali in Italia non c'è certo penuria, tutti fin troppo dotati di personale, e se, per un motivo o per l'altro, funzionano male e producono poco, è anche vero che bisogna sforzarsi di evitare che le magagne dello stato ricadano sulla testa dei cittadini. Dire che prima bisogna provvedere alle risorse e poi si potrà pensare alle scadenze significa solo voler rimandare all'infinito la soluzione del problema.
    Certo, dispiace che a questo ragionevole passo si sia giunti soltanto perché spinti dalla necessità di parare le chiappe all'orrido Berlusconi, ma anche di questo, credo, è possibile farsi una ragione. Personalmente sono convinto che Berlusconi, come tutti i ricchi e i potenti, non si riuscirà a processarlo mai e a condannarlo tanto meno, e in questa prospettiva se le sue necessità tattiche comportano l'emanazione di un provvedimento di utilità generale, ben venga quel provvedimento e amen. Consideriamolo un caso di eterogenesi dei fini o, meglio ancora, una manifestazione di List der Vernunft, di hegeliana “astuzia della ragione”. Sappiamo tutti, o almeno dovremmo saperlo, se invece di dissipare in sciambole la giovinezza l'avessimo dedicata all'approfondimento della Fenomenologia dello Spirito, che i protagonisti della storia, siano essi eroi o tiranni, agiscono per realizzare le proprie passioni e ambizioni, ma prima o poi sono destinati a perire o soccombere, mentre la Storia continua il suo corso, mettendo a frutto il loro operato a prescindere dalle motivazioni dei singoli. Berlusconi non è un eroe e nemmeno un tiranno, ma a volte si comporta come tale e può essere un sollievo per tutti pensare che quando se ne andrà – e se ne andrà certamente, prima o poi – lascerà in eredità ai suoi posteri il processo breve.
    Questo non esclude naturalmente che il disegno di legge della maggioranza contenga, nei suoi tre brevi paragrafi, più sciatterie e iniquità di quante si possono sopportare. Ma bisogna capirli, poveretti: il tempo stringeva, incombeva la ripresa del processo Mills e non c'era tempo per le minutiae. E poi si potrà non essere d'accordo sulle singole definizioni, quelle che includono i corruttori ed escludono gli immigrati clandestini, ma è ovvio che i limiti alla durata del processo, come i termini della prescrizione, vanno modulati sui vari reati e sulla casistica si potrà utilmente dibattere.
    Quello che assolutamente non si può accettare, la carta messa male che fa crollare l'intero castello, a me sembra piuttosto il principio per cui del processo breve potranno avvalersi soltanto gli imputati incensurati. E perché mai, di grazia? L'essere incensurato è una di quelle “attenuanti generiche” che si fanno valere in sede di sentenza, ma non possono influire sul processo. Una cosa sono le attenuanti e un'altra i diritti. Se quello di essere giudicati entro un ragionevole lasso di tempo è un diritto, deve valere, non si scappa, per tutti. Inserire in quel testo una limitazione del genere è stata, a pensarci, una imperdonabile gaffe.
    D'altro canto si capisce. In questo nostro paese è diffusa, specie tra gli elettori del centrodestra, ma mica solo tra loro, la strana idea per cui più gente si manda in galera più sicurezza e tranquillità ne derivano per tutti gli altri e l'idea di una norma che tolga ai magistrati la possibilità di condannare con comodo può fare imbufalire parecchi. Ecco allora la trovata: sì, è vero, è una legge da cui molti imputati si avvantaggeranno, ma – tranquilli! – solo quelli per bene, solo i buoni. Per i cattivi ci si potrà prendere tutto il tempo che serve. Che è una contraddizione, naturalmente, perché in un processo i buoni e i cattivi si distinguono dopo la condanna, non prima, e se lo si fa prima si ottiene quella che una volta si chiamava – e dovrebbe chiamarsi tuttora – giustizia di classe. E chi lo propone confessa coram populo che dei diritti dei cittadini non gliene può può fregare di meno e che la sua è proprio una legge ad personam. Ad personas, al massimo, e quindi sommamente ingiusta, ed esposta – oltretutto – ai più seri dubbi di costituzionalità. Probabilmente chi ha elaborato quel testo l'ha considerata una mossa astuta, ma il suo non era, evidentemente, un caso di astuzia della ragione.
15.11.'09