Dopo la rivoluzione

La caccia | Trasmessa il: 10/30/2005



Due riviste, l’una accanto all’altra sul tavolino di vetro di una sala d’attesa.   Stesso formato, stessa carta patinata, e – come scoprirò poi – stesso editore, anche se questa probabilmente è una coincidenza.  Meno casuale, forse, il fatto che le due copertine tocchino la stessa area tematica.  Il “Magazine” del “Corriere della sera”, n. 43 del 27.10.’05, esibisce sotto l’immagine di Tom Wolfe, un po’ ridicolo nella sua uniforme di gentiluomo del Sud in completo bianco con feltro in tinta, una scritta che afferma minacciosamente che “La rivoluzione sessuale è finita”.  Invece “Oggi”, n. 42 del 19 u. s.,  mette in copertina un signore di mezza età con la faccia furba, una fascia tricolore come quella dei sindaci e quattro belle ragazze con la coroncina da reginetta attorno e ne anticipa un “irresistibile memoriale”, il cui contenuto sintetizza con un plateale “Ho amato 600 donne – ora ho solo una moglie e un’amante”.

        A chi, come me, siede in quella sala non è dato certo capire, dalla interazione dei due messaggi, se la rivoluzione sessuale sia finita o meno.  In ogni caso, tendo la mano verso il magazine, perché del numero delle donne amate da un tipo con quella faccia non me ne importa poi molto e Tom Wolfe, quali siano le sue mende sartoriali, è comunque uno scrittore importante, le cui opinioni meritano di essere conosciute.  Ma, ahimè, il servizio all’interno non riferisce opinioni di sorta: è solo una elegante marchetta (se preferite, un frutto di sinergie editoriali) volto a promuovere l’ultimo romanzo del vecchio dandy, di prossima comparsa in libreria.  Pare di capire che in tale opera di narrativa, ambientata in una prestigiosa università americana, della puntuale rappresentazione di sfrenatezze sessuali di ogni tipo non si faccia risparmio, ma il punto di vista critico dell’autore è  incarnato da una protagonista che, almeno nelle prime pagine, è vergine e alla fine si scopre insoddisfatta del come ha smesso di esserlo.  Per cui, visto che di storie del genere, per quel che ricordo, se ne scrivono e pubblicano almeno da sessant’anni, con maggiore o minore successo di scandalo, ma sempre senza esiti letterari da premio Nobel, decido che non è il caso di perdere tempo con un servizio giornalistico in merito e che sarà meglio, forse,  passare all’altra rivista.

        Di diverso spessore, in effetti, il memoriale dell’ometto con la faccia furba.  È costui, sembra, un ex cantante di qualche fama, oggi riciclato come conduttore televisivo di successo, che della sua condizione di bigamo conclamato non ha mai fatto mistero.  La considera, se mai, piuttosto restrittiva: in fondo, anche se non gli piace fare i conti, in vita sua “è stato”, all’incirca, con seicento ragazze, come da copertina.  Per lui, in effetti, le donne e il gioco d’azzardo sono sempre state il punto debole, ma dell’uno si è liberato, mettendosi in autoterapia (che deve essere l’equivalente medico di quell’autosospensione tanto cara ai nostri politici colti con le mani nel sacco) e le seconde è riuscito a ridurle drasticamente a due.  Oggi ha solo due amori “ufficiali”: la moglie, da cui ha avuto due figlie, e la compagna, che per semplicità gli fa anche da manager.  Recentemente hanno festeggiato tutti insieme in allegria i suoi cinquant’anni ed entrambe le signore “hanno vissuto praticamente insieme per due settimane, a organizzare nei dettagli la grande festa.  Insieme mi hanno fatto il regalo: un orologio prezioso, insieme hanno confezionato la torta, una millefoglie gigante da leccarsi i baffi.”  Non va sempre così, certo, quella era una occasione speciale, ma è un menage che, in ogni modo, funziona abbastanza bene.  D’altronde, commenta, non c’è niente di straordinario: è una cosa che fanno in tanti, ma loro la vivono di soppiatto e lui, invece, la porta alla luce del sole.

        Mah.  Personalmente non ho nulla contro la bigamia, purché tra consenzienti, e quanto alle seicento ragazze, vista l’età del soggetto,  vanno spalmate su almeno trentaquattro anni di vita sessuale attiva, che fa poco meno di una ogni tre settimane, niente che non possa figurare nel palmarés di un qualunque scapolo di medio calibro attivo nel mondo dello spettacolo.  Ma anche se si può fare meglio, l’exploit resta discreto e tenendo conto che il tipo, sempre per motivi di età, deve essere stato educato in un’etica sessuale non diversissima di quella dei tempi miei, si può persino considerare la sua testimonianza una prova del fatto che, a scorno di Tom Wolfe, la rivoluzione sessuale finita ancora non è.

        Sarà.  Eppure, non trovate un po’ triste anche voi quella scena della moglie e dell’amante che fanno insieme la millefoglie di compleanno?   Ed è piuttosto triste, vi assicuro, tutto il quadro che l’individuo tratteggia della sua vita, una specie di gineceo allargato di moglie, amante, madre, figlie e sorella, in cui può capitare che una domenica tutti sono seduti a tavola e al dolce il capofamiglia si alza per annunciare, pimpante, di avere un’altra figlia segreta.  Più che un’immagine di sessualità liberata sembra quella di un’istituzione concentrazionaria, in cui è difficile che chiunque, maschio o femmina, possa intrattenere dei rapporti appaganti con chiunque altro.  Ma tanto si capisce benissimo che il problema non è questo: è chiaro che il tipo esibisce scientemente quella immagine, a prescindere da ogni considerazione di valore o credibilità, perché è a essa che affida le sue chances di restare a galla nel difficile mondo in cui opera.  Perché io non saprei dirvi nulla sulle sue doti di cantante o intrattenitore, ma non mi risulta che siano considerate eccelse, tali da assicurargli automaticamente fama e notorietà e in questi casi, notoriamente, un aiutino serve, per cui una nomea di bigamo manifesto, ex giocatore assatanato e amatore di lungo corso, per quanto culturalmente un poco stereotipata, o forse proprio per questo, può sempre servire.  Tanto queste affermazioni oggi come oggi non le va a controllare nessuno e comunque la RAI, invece di licenziare in tronco chi se ne ammanta, come sarebbe successo ai bei tempi, gli organizza delle serate speciali piene di belle figliole, come le quattro finaliste di Miss Italia della foto in copertina.  Ma, lo ripeto, che tristezza.

        Come è assai triste, per concludere, che un anziano scrittore di 74 anni decida di riproporci, nell’ansiosa ricerca del best seller, l’ennesima variante di una storia con cui le varie Françoise Sagan e Pamela Moore – per fare due nomi a caso –  ci hanno afflitto per anni, una storia in cui la deprecazione moralistica del sesso libero (dopo il quale, in quei romanzi lì, la ragazza non si sente mai tanto bene) funge, di solito, da pretesto per ammannircene una quantità industriale, una cosa che, rivoluzione o no, giova sempre alle vendite.   Perché c’è chi millanta sesso per vendere la propria immagine e chi ne scrive per vendere più copie, ma di vendere, ahimè, sempre si tratta.  E visto che la rivoluzione sessuale del secolo scorso, come l’avevano sognata i Lawrence o i Reich, la generazione perduta degli anni ’30 o i ribelli degli anni ’60, consisteva esattamente nel tentativo di liberare la sessualità da ogni carattere di merce di scambio (ineguale) per affermarne l’assoluta autonomia liberatoria, dubito che la si possa davvero considerare finita.   È molto più verosimile che debba ancora cominciare.