Diritti, doveri e sospetti

La caccia | Trasmessa il: 04/29/2007



    Deve essersi proprio incazzato il buon Magdi Allan, vicedirettore ad personam del “Corriere della Sera” ed esperto conclamato del conflitto di civiltà tra Islam e Occidente, quando gli hanno spiegato come il governo, con il recente disegno di legge Amato-Ferrero, intende modificare la normativa sull’immigrazione, sostituendo la cara, vecchia Bossi-Fini. Basta leggere l’incipit dell’articolo che mercoledì ha dedicato al problema sul suo giornale: “Diritti. Ancora diritti. Solo diritti. Ma dove sono i doveri?” E via a spiegare che la bozza governativa – “la summa dei diritti che non vediamo l’ora di concedere” – non contiene traccia “dei doveri che dovremmo richiedere” e questo proprio non va. Permessi di lavoro a gogò; centri di accoglienza per clandestini “con confort certificato dall’Onu”; diritto di voto amministrativo dopo cinque anni anche “se non te ne frega niente dell’interesse degli italiani e se il tuo obiettivo è quello di consolidare il potere di uno stato ‘etnico-confessionale-identitario” che prima o poi scatenerà la guerra contro noi tutti”… insomma, un disastro. La nuova legge (al pari della precedente) non funzionerà mai, perché è stata concepita solo come “un meccanismo di regolamentazione dei flussi di immigrati” e riduce “il ruolo del governo a quello di una agenzia di collocamento”. Sarebbe stato assai più opportuna, invece, “la definizione di un modello di convivenza sociale, individuando i valori fondamentali e le regole condivise dagli italiani che sostanziano una comune identità nazionale, al cui interno tracciare il percorso di integrazione.” Eccetera.
    Scusate la lunghezza della citazione. Ma mi sembrava utile per illustrare un’idea che mi frulla per la testa ogni qual volta mi imbatto in un articolo del noto commentatore. Di questo povero Magdi Allan, come certamente saprete, se ne dicono di ogni. L’ipotesi più benevola che corre su di lui a sinistra è che sia agente di qualche organizzazione non precisamente dedita alla stabilizzazione politica del pianeta. Questo, suppongo, perché il suo ostentato moderatismo fatica a nascondere una radicalità spigolosa alla quale, in un paese di bonaccioni come il nostro, non siamo abituati, come se solo a lui, in grazia delle sue origini, fosse permesso esprimere a voce alta dei concetti che altri preferisce dare per sottintesi, tipo quello per cui gli immigrati (o aspiranti tali) vanno considerati in gran parte come potenziali nemici del nostro sistema e trattati per tali. Un punto di vista, in effetti, che può giovare non poco alla politica di Bush o di qualsiasi altro guerrafondaio di turno e non ci sarebbe nulla di strano se alla sua diffusione contribuissero delle agenzie notoriamente specializzate nel manipolare, tra l’altro, l’opinione pubblica dei paesi terzi.
    L’ipotesi è suggestiva, ma, tutto sommato, poco plausibile. Per vestire i panni di un moderno James Bond si richiede, comunque, un certo machiavellismo, una certa qual capacità di astuta dissimulazione. E c’è ben poco di machiavellico, ne converrete, nella ripresa di una banalità come la contrapposizione diritti-doveri, secondo un dualismo che, a quanto ne so, è stato introdotto nel pensiero politico già da Mazzini, o nella ostentazione (compiaciuta) di principi così squalificati come quelli dello stato etico. Persino alla Casa Bianca, nonostante tutto, devono sapere che non è compito di alcun governo individuare i “valori fondamentali” e le regole che “sostanziano una comune identità nazionale” e se qualcuno ci provasse negli Stati Uniti troverebbe pane per i suoi denti. E, senza spingerci così in alto, anche al “Corriere della sera” devono averne qualche sospetto, tanto è vero che il pezzo di Allam, a onta della qualifica vicedirettoriale dell’autore, lo hanno relegato nella pagina delle opinioni.
    In realtà, di un governo dedito a individuazioni del genere ci sarebbero tutti i motivi, non che di diffidare, di avere una gran paura. L’idea base della democrazia, in Occidente come altrove, è quella per cui i valori non si impongono per legge e che i doveri che la legge prescrive, comunque, devono valere per tutti, a prescindere dall’origine e dai modelli di riferimento culturali. L’uguaglianza, come la libertà e la fraternità, non ammette né frazionamenti né eccezioni.
    Certo, che diritti e doveri, in teoria, siano uguali per tutti, i Magdi Allam di questa terra non si scordano mai di ripeterlo: succede anche nell’articolo da cui siamo partiti. Ma poi si contraddicono, quando chiedono che ai nuovi venuti sia richiesta per legge una sorta di solenne impegno ideologico che a nessuno verrebbe in mente di esigere dai propri concittadini o ipotizzano la necessità di un qualche trattamento speciale per chi, a causa della sua provenienza, dia adito a qualche sospetto. A questo punto, non ci piove, siamo già fuori dai principi della democrazia occidentale, per i quali i sospetti sono leciti, figuriamoci, ma vanno gestiti accentuando, piuttosto che riducendo, l’attenzione ai diritti e non c’è bisogno di alcuna dichiarazione di diritti e doveri rivolta a delle sottocategorie della popolazione, come, appunto, gli immigrati, visto che bastano e avanzano le garanzie e le normative valide per tutti. Si finisce, così, in patente contraddizione con i postulati che si sono dichiarati per propri. In una contraddizione così stridente, anzi, che vi può incappare soltanto un perfetto sempliciotto, ma sono appunto i sempliciotti che si ostinano a semplificare le questioni complicate. Per questo sono tanto pericolosi.

29.04.’07