Default razzisti

La caccia | Trasmessa il: 06/10/2007


    Si imparano delle cose straordinarie, dalle analisi mediche. Io, per esempio, ho scoperto, alla mia età, di essere di razza caucasica. Non so come abbiano fatto a scoprirlo, perché nessuno mi ha mai sottoposto a indagini in merito, ma è scritto lì, nero su bianco, sul referto che ha sfornato il computer dell’ambulatorio presso il quale sono andato a fare uno dei miei soliti esami. I “Dati del paziente”, in testa al documento, non lasciano adito a dubbi: ci sono il nome, il cognome, l’età, il codice fiscale (senza il quale, si sa, nessuna analisi medica avrebbe valore alcuno), il peso, l’altezza, la patologia e, appunto, la razza. Non nel senso di umana, che si potrebbe anche capire, ma in quello di “caucasica”. Tutti gli altri elementi glieli ho forniti io, quando mi sono presentato, ma quello no, per cui suppongo che il programma l’abbia inserito, come si dice, di default. E sulla necessità di un default di questo genere varrebbe, forse, la pena di riflettere un poco.
    Oltretutto, l’espressione è abbastanza oscura. “Caucasico”, secondo i vocabolari, è termine che si riferisce agli abitanti delle regioni del Caucaso o, più esattamente, alle lingue che si parlano in quella parte del mondo, tutte faccende con cui io non ho, evidentemente, nulla a che fare. Il concetto di “razza caucasica”, di fatto, in italiano non l’avevo mai incontrato: anche su Google, del resto, di pagine che contengono l’espressione nella nostra lingua se ne elencano solo 793, cioè, per quella sede, pochissime. In inglese, invece, la situazione è diversa: gli aggettivi
    caucasian, caucasic e il loro derivato dotto caucasoid (“caucasoide”) hanno a che fare anche e soprattutto con la pertinenza razziale degli individui. Si riferiscono, per citare dalla mia edizione del Collins, ai “membri del gruppo razziale umano che comprende le popolazioni indigene dell’Europa, del Nord Africa, dell’Asia sud-occidentale e del subcontinente indiano”. A quella, cioè, che più normalmente si diceva la razza “bianca”. Anche in inglese, certo, l’espressione non è tra le più comuni: io ricordo di averla incontrata soprattutto nei gialli americani che traducevo una ventina d’anni fa – in particolare quelli di James Ellroy – come tipico uso poliziesco (mi ci era voluto, anzi, un bel po’ di indagini per scoprire che la sigla MC su un rapporto di polizia significava, appunto, Male Caucasian, “maschio bianco”). L’espressione, a questo punto, potrebbe essere assimilata a quegli “eufemismi burocratici” di cui parlavamo un paio di settimane fa: in effetti, vista la sua evidente origine scientifica – deriva, credo, da una vecchia teoria dell’antropologia ottocentesca, quella per cui il popolamento dell’Europa, del Nord Africa, del Medio Oriente e dell’India era avvenuto a partire, appunto dal Caucaso – si presta particolarmente bene a un uso “neutro”, senza apparenti implicazioni valoristiche. “Bianco”, nell’opposizione “bianco” / ”nero”, esprime una valutazione positiva che fa sì che dire di qualcuno che è “bianco” possa essere, nel contesto attuale dei rapporti tra le comunità etniche, un poco compromettente. Definirlo “caucasico”, quindi, sarà molto più tranquillizzante. Dal punto di vista di un corpo come la polizia, anzi, sarà l’ideale, perché permette di conservare la classificazione per pigmentazioni, prognatismi e misure – che in un paese etnicamente misto può avere una sua utilità pratica – senza prestare il fianco a fastidiose accuse di razzismo. Di fatto, i neri, in quel contesto, non sono né colored black, ma, più asetticamente, afro-american (“afroamericani”) e un “maschio nero”, per la disperazione dei traduttori, sarà così un AAM.
    Naturalmente non è chiaro cosa abbia a che vedere tutto ciò con un ospedale italiano. Anche perché la medicina qualche sia pur vago rapporto con la scienza dovrebbe averlo e dal punto di vista scientifico, ahimè, quella vecchia teoria sull’origine dei primi abitanti dell’Europa e dintorni è stata archiviata da parecchi decenni. Gli studi sulla deriva genetica, è noto, hanno dimostrato una volta per tutte che gli antenati di
    tutti i popoli della Terra provengono dallo stesso posto – laggiù in basso, da qualche parte nell’Africa australe – il che significa che la razza, come concetto, non gode di uno stato scientifico superiore a quello del flogisto. Anche se non tutti, evidentemente, ne sono consapevoli, tanto è vero che i termini relativi, con tutta la volontà di occultarli che impone l’ipocrisia dominante, si ostinano a ricomparire nei contesti più impensati. à una questione di default, certo, ma di un default di tipo razzista che la dice lunga sulla società in cui ci tocca di vivere.

10.06.’07