Contaminazioni spionistiche

La caccia | Trasmessa il: 12/10/2006


    Sono un cultore – come forse saprete – di libri gialli, ma, visto anche il livello quantitativo della produzione odierna, non posso seguire, anche se mi piacerebbe, tutti i sottogeneri paralleli. Per esempio, leggo pochissime spy stories. Sarà per questo, suppongo, che mi trovo un po’ in imbarazzo di fronte ai misteri spionistici che caratterizzano sempre più spesso la vita politica nazionale. Ci sono delle vicende che sarebbero chiarissime a qualsiasi lettore assiduo di Le Carré o di Stephen Gunn e ai miei occhi appaiono come indecifrabili puzzles, o come la classica favola raccontata da un idiota, quella che, pur essendo piena di strepito e furore, non significa, alla fine della fiera, assolutamente nulla.
    Così, apprendo dai giornali di questi giorni che il senatore Guzzanti, che ha presieduto, nella passata legislatura, la ben nota “Commissione Mitrokhin”, nel tentativo di dimostrare che Romano Prodi e altri suoi pari sono, o sono stati, agenti del KGB, si è esposto, con sprezzo del pericolo, a molteplici contatti con gente che il KGB lo aveva frequentato anche troppo, fino al rischio di essere contaminato da quel polonio 210 di cui, nel mondo dei servizi segreti russi, si fa tanto uso. Si è poi scoperto, mi sembra, che quella contaminazione, in realtà, non c’è stata, e questo non può che farci piacere, perché una vita umana è sempre una vita umana e sarebbe un peccato, comunque, se il nostro parlamento dovesse fare a meno di un personaggio dal sicuro talento comico come il senatore in questione, che – lo avrete notato anche voi – da questo punto di vista surclassa le performances di ogni altro membro della sua famiglia. Il particolare per cui la prova incontestabile della militanza dell’attuale presidente del consiglio sotto le bandiere dello spionaggio sovietico sarebbe rappresentata dalla sua partecipazione, all’epoca del caso Moro, a una seduta spiritica è uno di quelli che rivelano il genio. Io, che, anni fa, ho collaborato con Massimo Cirri e Sergio Ferrentino alla stesura di un radiogiallo comico demenziale in cui molte cose assurde si dicevano appunto sul KGB, non ci sarei mai arrivato.
    Non è questo il problema, naturalmente, ma ammetterete anche voi che è interessante il tentativo di collegare il buon Prodi a quella organizzazione. Tanto più interessante in quanto, passati ormai definitivamente i tempi del generale Grubozabiyschikov, quello che in Dalla Russia con amore metteva a punto la trappola ai danni di James Bond, il KGB ormai non fa più paura a nessuno. Non è un caso se lo stesso Ian Fleming, dopo avergli attribuito svariati progetti di tipo apocalittico, già nel 1961ha smesso di servirsene come spauracchio, sostituendolo con un’organizzazione privata (e quindi, incontestabilmente più efficiente) come lo Spectre,. Forse prevedeva che, nel futuro, dalle sue file sarebbero usciti i migliori amici dell’Occidente e gli autentici responsabili della fine dell’Unione Sovietica. Di fatto, ricorderete, era stato capo del KGB quel Jurij Nicolaievi Andropov che, insediatosi alla segreteria del partito e al vertice del Praesidium nel 1982, spianò la strada a Gorbaëv e a tutto ciò che costui avrebbe combinato. E la stessa carica, naturalmente, è stata poi appannaggio di quel Putin che tanto ha fatto per un sano sviluppo del capitalismo in Russia e tanto spesso è stato ospite in villa del nostro Berlusconi. Se Prodi avesse servito ai suoi ordini, oggi potrebbe rivendicare la cosa come una particolare benemerenza per la causa dell’anticomunismo.
    Scherzo, naturalmente, e forse non dovrei, perché i servizi segreti sono, per definizione, delle organizzazioni con le cui procedure e con le cui finalità non è il caso di prendersi troppe confidenze e l’ipotesi per cui essi possono controllare, in un modo o nell’altro, questo o quel dirigente politico altrui è tutt’altro che peregrina. Più in generale, può darsi benissimo che tutte queste storie, per insensate che possano sembrare, un loro senso ce l’abbiano, magari destinato a orecchie diverse dalle nostre. Ma è anche vero, per lo stesso motivo, che quella di collusione con un servizio segreto qualsiasi è l’accusa più a buon mercato che si possa lanciare contro un avversario, politico o no. È un’accusa di tipo puramente autoreferenziale, che costa pochissimo, nel senso che nessuno si aspetta possa mai essere provata (se, no di che razza di servizio segreto si tratterebbe?) e che nessuno, per simmetria, può dimostrare falsa al cento per cento. Per questo i particolari possono essere vaghi, persino un po’ ridicoli, e il contesto politico può essere preso indifferentemente dalla cronaca geopolitica contemporanea o da un romanzo di cinquant’anni fa. L’Unione Sovietica, certo, non esiste più, ma il KGB mantiene comunque una sorta di realtà immaginaria che gli permette di fare notizia.
    Tutto questo, naturalmente, ci rimanda a una forma piuttosto ignobile della lotta politica, ma cosa volete che importi? Chi si occupa di queste cose ha per l’ignominia un affetto particolare ed è inutile sperare di fargli impressione. Meglio rispondergli, tutto sommato, con una buona risata.

    10.12.’06