Il consigliere astuto e l’immigrato un po’ meno

La caccia | Trasmessa il: 11/05/2006


    Milano, come città, ha una quantità di problemi, ma nessuno può dubitare della prontezza di spirito dei suoi amministratori. Lo dimostra il caso di quel Massimo Girtanerr, Presidente del Consiglio della Zona 6, che martedì scorso, come delegato del sindaco, era incaricato della celebrazione dei matrimoni civili a palazzo Dugnani. Gli è bastato un attimo per capire che una delle coppie in attesa era in qualche modo sospetta . Il fatto che un giovanotto egiziano di 27 anni di età fosse in procinto di prendere in moglie una signore italiana oltre gli 80 sarebbe forse sembrato normale a qualcun altro, ma non certo a lui. Difficile, come ha dichiarato ai giornali il giorno dopo, che si trattasse di “un amore appena sbocciato sul Nilo”. E visto che, in casi come questi, è sempre consigliabile un controllino in Questura e la celebrazione incombeva, l’astuto presidente, ricorrendo a un abile stratagemma, ha cominciato con lo sbrigare gli altri matrimoni, ha rinviato quelle nozze sospette finché proprio non ha potuto far altro che celebrarle, guadagnando comunque il tempo sufficiente per scoprire che il nome della controparte maschile figurava nell’elenco dei ricercati, per motivi che “Repubblica” (da cui ricavo la notizia) non ritiene opportuno indicare, ma il “Corriere”, che ne riferisce in forma più succinta, precisa come rapina e mancata ottemperanza a un ordine di espulsione. Che fare, allora? Be’, semplice: “Con una scusa” il celebrante “ha chiesto agli sposi di tornare nel pomeriggio per firmare altri documenti ed è stato allora che sono scattate le manette degli agenti della polizia municipale per il ventisettenne e la sua complice” (che non era, va precisato, l’anziana neosposa, ma un’imprevista ragazza ucraina che aveva assistito alla cerimonia). “Sono fiero di ciò che ho fatto” ha dichiarato soddisfatto il Girtanner “visto che di solito tutti si nascondono”. L’espressione può parere oscura, ma il gesto, in ogni caso, è valso al volpino amministratore “i complimenti del vicesindaco e assessore alla sicurezza Giuseppe De Corato” per cui “questo episodio è una triste testimonianza di come gli anziani possano essere vittime di raggiri, ma l’arresto dei vigili è un messaggio di fermezza.”

    Questa la cronaca, spogliata dagli orpelli e dai riferimenti cinematografici di un paio di colleghi giornalisti che non si sono negati il piacere di fare, come si usa in questi casi, un po’ di colore e hanno trovato nella sequela degli eventi addirittura delle movenze da fil di Hitchcock. Ed è un peccato che, sfumata l’ammirazione per un’operazione tanto brillante, chi si provi a rileggere il resoconto dei fatti con un minimo di acribia, trovi difficile, con tutto il rispetto, sfuggire all’impressione che qualcosa non torni, che qualcuno non l’abbia raccontata proprio giusta. Non è solo il fatto che a un presidente di zona così lesto di cervello sembra contrapporsi, come in una pantomima, un immigrato singolarmente ottuso, visto che bisogna essere ben sempliciotti per andare a sottoscrivere un pubblico atto nuziale sapendo di essere ricercati per rapina e ripassare, per di più, al pomeriggio, in seguito a una convocazione che chiunque, viste le circostanze, avrebbe considerato piuttosto sospetta. Nulla vieta, per una volta, che la tradizionale sagacia levantina abbia fatto cilecca. Ma per accettare l’episodio così come viene raccontato bisogna superare almeno una difficoltà oggettiva, come dire l’atteggiamento di quei funzionari di Questura che, apprendendo di avere un ricercato bello e pronto a Palazzo Dugnani, non si sono neanche presi la briga di mandare una volante a prelevarlo, delegando l’iniziativa dell’arresto alle autorità cittadine e costringendo gli agenti di polizia municipale, che sono poi i vigili urbani, a un ruolo, non proprio protocollare, di polizia giudiziaria. Simili poteri, a quanto ne so, ai corpi locali non sono stati ancora conferiti (erano previsti, in parte, da quella legge di devolution che gli elettori hanno mostrato di non gradire), ed è strano trovarli operanti in un contesto, per come viene rappresentato, essenzialmente giocoso.

    In realtà, tutto l’episodio sembra caratterizzato da una certa tendenza allo scambio di funzioni. È vero che la condizione socio anagrafica della coppia autorizzava i peggiori sospetti sulla buona fede matrimoniale di almeno uno dei due contraenti, ma non spettava certo al celebrante designato accertarlo, tanto è vero che, alla fine, sposarli ha comunque dovuto. Non è chiaro, poi, chi abbia coinvolto nella vicenda la “ragazza ucraina”, ne abbia accertato le generalità e il ruolo di “complice” e l’abbia fatta arrestare. E non spettava naturalmente al vicesindaco, per quanti ampi siano i suoi poteri di assessore alla sicurezza, dare a tutta l’operazione il suo avallo. Per queste faccende, di solito, sarebbe meglio rivolgersi alla magistratura. Salvo, naturalmente, che la necessità di esprimere quello che il senatore De Corato ha definito “un messaggio di fermezza” non sia stata considerata così pressante da soverchiare qualsiasi altra possibile considerazione. Insomma, in una città in cui “di solito tutti si nascondono”, come osserva il furbissimo Girtanerr, alludendo – forse – a una scarsa propensione ambrosiana per il linciaggio etnico, l’occasione di mettere al loro posto un paio di extracomunitari evidentemente, se non formalmente, in torto era troppo bella per lasciarsela sfuggire. Anche questo può essere considerato un messaggio, ma non esattamente tranquillizzante.