Consigli anomali

La caccia | Trasmessa il: 12/17/2000



Non so quanti di voi abbiano avuto modo di partecipare, lo scorso sette dicembre alla “prima” della Scala (io, per la cronaca, no) e non so, soprattutto, quanti siano disposti a sentirne riparlare a dieci giorni di distanza.  Ormai, il destino degli “eventi” artistici e culturali, compresi quelli su cui più si scatenano i media, è quello di svanire senza residui il mattino dopo, come i fantasmi del sabba alle luci dell’alba.  Ma state pure tranquilli: non intendo tediarvi con ulteriori disquisizioni sulla maggiore o minore opportunità di concludere la cabaletta del terzo atto del Trovatore con l’ormai celebre do di petto.  Non è questa la sede, non dispongo delle competenze necessarie  e il problema, comunque, non mi sembra interessantissimo.  La filologia musicale è una scienza giovane e non ha avuto il tempo di elaborare una criteriologia sufficiente per sanzionare all’unanimità i fatti interpretativi controversi.   Se è vero che i pezzi vanno eseguiti così come li ha scritti l’autore è altrettanto vero che la notazione musicale non è sempre stata così rigida, tanto è vero che sulle partiture più nobili si sono impiantate, con gli anni, delle tradizioni diverse.  I virtuosismi e gli abbellimenti dei cantanti, gli interventi e i tagli dei direttori fanno parte a tutti gli effetti della storia del melodramma, e gli autori sono sempre stati i primi a saperlo.  Verdi, per quel che ne sappiamo, non ha mai protestato per il do di petto del Trovatore o per l’usanza, universalmente invalsa, di non cantare l’ultima battuta della Traviata.  Oltretutto, le polemiche che fatti del genere fanno nascere fra i cultori della tradizione e i fautori della filologia infondono un po’ di sana vitalità in un genere che, per un motivo o per l’altro, corre sempre un po’ il rischio di lasciarsi imbalsamare.   Per chi ama il teatro lirico si tratta di fenomeni simpaticamente normali.
        Un po’ meno normale, comunque, dovrebbe essere considerato quello che è successo alla Scala di Milano giovedì 7 dicembre.  Perché che il maestro Muti abbia diretto Il Trovatore senza il do di petto va bene, che i loggionisti abbiano protestato strillando come aquile va ancora meglio (se no, che gusto ci sarebbe stato?), ma che uno di costoro, tale Mauro Fuolega, anni 35, sia stato fermato e identificato da agenti di pubblica sicurezza in servizio in sala mi sembra vada un po’ meno bene.  Come non mi sembra entusiasmante il fatto che il Questore di Milano, abbia dichiarato ai giornali – almeno a quanto si legge sul “Corriere” di sabato 9 –  che “se uno spettatore disturba durante una recita è lecito procedere alla sua identificazione”, aggiungendo che si è trattato di “una nostra iniziativa a fini preventivi”, così, “in caso di esposto, di querela della Scala, si sa già chi è.”  E che non importa, come obietta l’intervistatrice, che fischi e dissensi abbiano sempre avuto diritto di cittadinanza nei teatri:  “Sono un fatto anomalo: è legittimo identificare chi contesta”.
        Ora, so benissimo, per personale esperienza, che di quanto pubblicano i giornali non ci si può mai fidare.  Sono sicuro che il Questore di Milano non ha mai rilasciato, in realtà, simili burbanzose dichiarazioni, perché, da uomo intelligente quale non può non essere chi occupa la sua posizione, sa bene che se si comincia con il considerare “un fatto anomalo” le manifestazioni di dissenso in teatro, non si sa dove si va a finire.  E sono altrettanto sicuro che, alla giornalista che gli chiedeva se quel cittadino (incensurato, tra parentesi) potesse correre dei rischi, non ha affatto risposto, come gli fa dire il “Corriere”, “Non penso.  Ma gli suggerirei di starsene zitto, di non aggiungere altro.  Altrimenti la faccenda potrebbe prendere un’altra piega, passare nelle mani del magistrato.  Non è una minaccia, ma un consiglio”.   Non dubito che avrà già provveduto a mandare, personalmente o attraverso il suo ufficio stampa, un’ampia e dettagliata smentita e se sul “Corriere” non l’ho vista è tutta colpa mia.  Perché consigliare a un cittadino di starsene zitto a scanso di guai, qualsiasi cosa egli abbia fatto o detto, non è una bella cosa.  In particolare, non è cosa lecita in democrazia, o in un sistema che ambisca a essere considerato tale.  In democrazia chiunque può dire quello che vuole ed è compito dei questori far sì che questo diritto sia tutelato.
Sì, d’accordo, tutto tutto non si può dire.  Non si può offendere gratuitamente qualcuno o negare una verità manifesta.  Ma nessuno – mi sembra – ha accusato di mendacio o di vilipendio quello sfortunato melomane.  E cosa ha fatto, in fondo?  Avrà disturbato la sacralità della prima scaligera, ma, francamente, che volete che sia un “buu!” gridato dal loggione in confronto a un atto di intimidazione manifesta?
        Ahimè.  Un tempo i governanti, che non amavano, come non amano oggi, le critiche e le contestazioni, specie se rivolte alla loro persona e alla loro opera, erano ben lieti di permettere che il popolo oppresso si sfogasse come meglio poteva fischiando sulla pubblica piazza i guitti e le cantatrici, chiedendo la testa dei gladiatori sconfitti o maledicendo gli atleti dell’opposta fazione.  Naturalmente c’era sempre il rischio che le solite teste calde approfittassero di tanta licenza: mi sembra di ricordare che ai tempi del Risorgimento proprio le opere di Verdi venissero talvolta utilizzate per esprimere sentimenti non del tutto amichevoli verso l’imperial regio governo.  Ricorderete anche voi la prima scena di Senso di Luchino Visconti, in cui proprio la cabaletta della pira, non saprei dirvi se con il do di petto o senza, offre l’occasione di una esplosione di sentimenti antiaustriaci.  Chissà: forse l’odierna severità delle autorità milanesi nasce dal timore che la nostra società sia solcata da tensioni paragonabili a quelle, e che da un “buu” a Muti il popolaccio possa passare  con troppa facilità a un “Abbasso il governo!”.  E non ditemi che, visto che siamo in democrazia, chiunque può gridare a suo piacimento “abbasso il governo!”.  Non lo saremo per sempre, anzi, sembra sempre più probabile che non lo saremo a lungo.   E alcuni pensano che sia buona cosa essere preparati in anticipo.

17.12.’00