Che cosa li seppellirà

La caccia | Trasmessa il: 02/03/2002



Non capita spesso, di questi giorni tristi, di trovare sui giornali una notizia capace di strappare un sorriso, ma a volte, con un po’ di fortuna, succede.  Io, per esempio, nonostante la situazione non particolarmente brillante in cui mi trovo, mi sono rallegrato abbastanza leggendo, sui quotidiani di una settimana fa, un trafiletto relativo al senatore Marco Boato, dei Verdi (dico un trafiletto, ma il “Corriere della Sera”, in realtà, ha dedicato all’episodio una breve sequenza fotografica).  Sembra che il senatore in questione, trovandosi a condurre un dibattito sui temi della pace e della guerra in quel di Trento – sede, se non m’inganno, del suo collegio elettorale –, sia stato affrontato da un giovanotto dal viso coperto che gli ha disinvoltamente scagliato una torta in faccia.  Il facinoroso, che fa parte di una struttura denominata “Laboratorio disobbediente”, intendeva esprimere la propria disapprovazione per il fatto che il celebre parlamentare, il cui impegno pacifista è ben noto da molte legislature, avesse recentemente votato a favore dell’intervento delle truppe italiane in Afghanistan.  La vittima, detergendosi il viso dalla panna montata, si è limitata a commentare che il gesto non gli sembrava particolarmente pacifico.
        Aveva ragione, poveretto, perché anche le torte vanno considerate proiettili, se categorizzate e utilizzate come tali, e noi uomini pacifici di proiettili non ne dovremmo lanciare a nessuno, ma, che volete, sono costretto ad ammettere che la notizia non mi ha affatto scandalizzato.  Tutt’altro.  E non solo perché ho avuto, in un passato lontano, qualche occasione di conoscere il futuro senatore, che aveva un ruolo piuttosto su in una certa organizzazione eversiva di cui ancor oggi mi onoro di aver fatto parte e, per dire proprio tutta la verità, ho sempre pensato che una bella torta in faccia, di quelle con tanta panna, fosse proprio ciò che il medico gli avesse ordinato.  Il problema è molto, molto più complesso.  Lanciare una torta in faccia a qualcuno è un gesto che s’inserisce in una tradizione nobile e antica.  In centinaia di farse, vuoi cinematografiche vuoi teatrali, il gustoso proiettile ha concluso la sua traiettoria sui lineamenti di coloro cui la distribuzione delle parti assegnava il ruolo del prepotente e dello smargiasso.  I bersagli designati di quel genere di aggressione sono sempre stati, che so, il poliziotto formalista, il bottegaio insensibile, il borghese pieno di sé, il maestro ignorante e borioso: le varie figure, insomma, in cui la fantasia popolare riconosceva il volto, inconfondibile nella mutevolezza dei tratti, dell’Autorità costituita e soddisfatta di sé.   Tutte figure, peraltro, contraddittorie, perché il popolo della farse sapeva benissimo chi comandava davvero e chi faceva solo finta, chi esercitava il potere e chi si limitava a servirlo, e in quegli esponenti a basso livello, in quelle, diciamo così, “autorità da strada”, vedeva dei  simboli, più che delle concrete incarnazioni, di un’Autorità la cui vera sede stava altrove, dei poveracci costretti a cercare un’apparenza di autorevolezza nell’affettazione, spesso comica, di una dignità formale.   Quella dignità, appunto, destinata ad andare irrimediabilmente in frantumi al primo impatto con la superficie cremosa del ghiotto proiettile, il cui valore era, in ultima analisi, di natura eminentemente demistificatoria.
Il senatore Boato, naturalmente, non rientra in questa casistica.   Sarà, forse, un po’ soddisfatto di sé (almeno, un tempo lo era), ma è un rappresentante del popolo democraticamente eletto, non è un poliziotto, né un bottegaio, né un’altra figura da cattivo da farsa, e non può certamente essere considerato prepotente, smargiasso, ignorante o borioso.  Ma ammetterete anche voi che un rappresentante del popolo che giunge a tali insoliti patti con se stesso da votare, in nome di un impegno pacifista, per un intervento militare, si imbarca sulla via di quelle contraddizioni che conducono, presto o tardi, a ricevere una vigorosa tortata tra il mento e la fronte.  Che è un gesto violento, lo so, ma abbastanza innocuo per la vittima da farci passare sopra all’imputazione: un gesto che non fa male e, oltretutto, non umilia, perché nessuno può sentirsi umiliato dal rientrare in una tradizione che fu propria dei Chaplin, dei Keaton, dei Sennett, dei Keyston Kops e di tanti altri grandi artisti popolari.   L’unico rischio rappresentato da una torta in faccia è quello del ridicolo, ma è un rischio cui certi personaggi si espongono comunque da soli e senza bisogno che nessuno gli lanci alcunché.   E del ridicolo, naturalmente, non deve avere paura chi non ha  fatto niente per provocarlo.  Come dicevamo una volta, sarà una risata che li seppellirà.

03.02.’02