Bizzarrie editorali

La caccia | Trasmessa il: 10/25/2009


    Saprete più o meno tutti, suppongo, che oltre che con queste chiacchierate domenicali, contribuisco al palinsensto di Radio Popolare con una recensione alla settimana. Mi capita così di ricevere a domicilio parecchi libri, gialli, in genere, perché di questi mi occupo, ma le vie degli uffici stampa delle case editrici sono infinite e ogni tanto mi arriva qualche oggetto, diciamo così, anomalo. Un paio di settimane fa, per esempio, mi è capitato un romanzo che, vantando nel sottotitolo un'attribuzione a “Fitz-William Darcy, gentiluomo”, si presentava come una rilettura della trama di Orgoglio e pregiudizio dal punto di vista del protagonista maschile. Mi era sembrata, vi dirò, un'istanza curiosa, perché il bello di Orgoglio e pregiudizio, naturalmente, sta proprio nel fatto che è raccontato dal punto di vista della protagonista femminile, e l'avevo messo da parte, come un tipico esempio di bizzarria editoriale. Ma tre giorni fa ecco che arriva un altro volume, che accanto alla firma di Jane Austin in persona esibisce quella di un certo Seth Grahame-Smith, si intitola Orgoglio, pregiudizio e zombie ed è ricavato, pare, dall'intercalazione dei capitoli del romanzo originale con altri in cui i medesimi personaggi si trovano alle prese con una quantità di morti viventi ostili che neanche in un film di Romero. Toccherà all'intrepida Elizabeth Bennett, ovviamente, debellare quelle entità. La fascetta assicura che di questo prodotto sono state vendute finora un milione di copie e la cosa, vi assicuro, mi ha dato un po' da pensare. Anzi, per essere proprio sinceri mi ha disturbato alquanto.
    Perché, vedete, so bene che non c'è niente di male, in linea di principio, nel lavorare su del materiale pubblicato da altri. Nel mondo della narrativa di consumo, che confesso di frequentare con maggiore assiduità di quanto faccia con Jane Austin, è prassi piuttosto comune, per lo meno da tempi dei dime novels del primo '900. Le avventure di Sherlock Holmes sono state continuate da una quantità indicibile di letterati, quelle di James Bond non si sono certo interrotte con la morte di Ian Fleming e almeno un paio di scrittori, o presunti tali, si sono sforzati di dare un seguito a Via col vento, senza riuscire, per fortuna, a distruggere la felice ambiguità di quel “Domani è un altro giorno” con cui si chiudeva l'opera della Mitchell. Il fenomeno non è ignoto neanche alla letteratura cosiddetta “alta”, per lo meno da quando, verso il VII secolo a. C., un qualche rapsodo dalla mente sveglia pensò che quella dell'Iliade era una buona idea e ne ricavò l'Odissea. Così, l'Ariosto ha dato un seguito all'Innamorato del Boiardo e Cervantes ha scritto la seconda parte del Chisciotte per impedire che la sua creatura fosse sequestrata da un tale che aveva avuto la stessa idea. Ci sono persino dei personaggi – che so, don Giovanni – che non sono legati a nessun autore e vivono tranquilla mente per la penna di molti. Sono cose note, naturalmente. Ma hanno ben poco a che fare, mi sembra, con il vendere un milione di copie mescolando Elizabeth Bennett con gli zombie o raccontandone la vicenda da un punto di vista maschile.
    Non che io creda, ve lo assicuro, a una rigida distinzione tra la narrativa di intrattenimento, di cui si può fare qualsiasi cosa, e quella colta, che si deve soltanto ammirare. Di fatto, l'ho sempre respinta e appunto per questo, detto fra noi, non ho mai visto di buon occhio le reincarnazioni di James Bond e i sequels di Via col vento. Ma mi rendo conto che, nel moderno mercato delle lettere, l'autore non è più la figura esclusiva e centrale che era ai tempi del poeta dell'Odissea, dell'Ariosto e dell'anonimo continuatore del Cervantes. L'invenzione del diritto di autore ha messo in campo altri titolari della disponibilità di titoli e personaggi e non si può impedirgli di fare il loro mestiere. Eredi, editori, agenti, redattori, produttori cinematografici e televisivi e simili figure hanno ormai trasformato la creazione letteraria da attività individuale a impresa collettiva. Si può giudicare il fenomeno come si vuole, ma non ci si può fare niente. Si può persino sostenere – io, per esempio, lo ho sostenuto spesso – che la nascita di una simile letteratura di massa, libera da tentazione elitarie, rappresenta un passo in avanti sulla via della democratizzazione della cultura.
    Da tutto questo, tuttavia, i classici forse sarebbe meglio lasciarli fuori. I classici non nascono dal sistema editoriale moderno e i loro rapporti con i lettori seguono percorsi più complicati. Il valore che viene loro riconosciuto ha poco a che fare con il numero delle copie vendute: rispecchia, piuttosto, la coscienza storica che la società ha di se stessa. Nel loro statuto di “eterni contemporanei” dell'umanità incorporano le esperienze di molteplici generazioni, filtrate dalla scuola, dalla evoluzione del gusto, dalle polemiche che l'hanno segnata, dall'interpretazione di certi lettori eccellenti e dal peso che hanno avuto nell'influenzare gli scrittori successivi. E se è vero che noi moderni siamo sempre e comunque dei nani sulle spalle dei giganti, arrampicarsi sulle spalle di Jane Austin per vendere un milione di copie sa un po' troppo di appropriazione indebita. Tanto più indebita in quanto a quella rispettabile autrice i suoi moderni elaboratori non sono tenuti neanche a pagare i diritti di autore.
    In realtà, il problema è appunto di questo tipo. Queste operazioni editoriali non sono delle semplici bizzarrie, ma rappresentano l'annessione di autori che vi erano estranei al mondo della mercificazione letteraria. E siccome il mercato è organizzato in un certo modo, oggi nessuno, a meno che io gli dia il permesso, potrebbe raccontare delle nuove storie dell'agente segreta Epifania – per citare la protagonista di certi raccontini di cui sono responsabile – mentre chiunque può fare quello che vuole dei personaggi di Orgoglio e pregiudizio, o di Cime tempestose, della Certosa di Parma e di chissà che altro. La contraddizione meriterebbe di essere sceverata.

    25.10.'09

    Nota

    Il primo romanzo cui alludo, a firma Pamela Aidan, si intitola Per orgoglio o per amore (An Assembly Such As This) ed è pubblicato in Italia da TEA. Pride and Prejudice and Zombies di Seth Grahame-Smith è edito dalla Nord (le due case editrici, sarà un caso, fanno parte dello stesso gruppo). Chi fosse interessato all'agente Epifania la troverà nelle antologie Epifania di sangue, Uccidere per sport e Delitti di vino, Todaro, Lugano, rispettivamente 2001, 2008 e 2008.