Avventori mignon

La caccia | Trasmessa il: 05/20/2007


    A proposito di famiglia: non so come reagiate abitualmente voi di fronte alla presenza, ormai piuttosto frequente, dei bambini in società o nei luoghi pubblici. Le possibilità, di fatto, sono molteplici, ma non infinite: o si appartiene al novero di quanti se ne compiacciono, perché è bello vedere attorno a sé tante giovani vite; o si aderisce al partito di coloro che fanno buon viso a cattivo gioco, perché è vero che i pargoli un po’ di fastidio lo danno, ma come si fa; o si entra tout court nella schiera di quanti invocano, e neppure a voce tanto bassa, il santo nome di Erode. Io, personalmente, confesso di aver fatto parte a lungo di questa ultima categoria, ma con gli anni mi sono scoperto più tollerante. In fondo bisogna considerare che se una mamma o una nonna (più raro è il caso di un nonno o un papà) si porta le creature in giro per negozi, o a far la coda all’ufficio postale, in pizzeria, al museo o in uno dei tanti altri posti in cui i poverini si annoiano a morte e cominciano, per distrarsi, a urlare a squarciagola, vuol dire che non sa proprio dove altro lasciarli e quindi, come si dice, va più compatita che censurata. D’altra parte, anche se in vita mia ho avuto poco a che fare con i bambini – ho sempre cercato, in effetti, di tenermene alla larga – mi accorgo, ormai, di subire le loro bizze con qualche accondiscendenza in più di quanto avrei potuto ipotizzare anni fa. Non è ancora quanto basta a farmi considerare una specie di nonno onorario, ma è l’indizio di una evoluzione di cui mi compiaccio.

    C’è una circostanza, tuttavia, nella quale mi sento tentato di tornare, diciamo, all’erodismo dei miei begli anni. Si tratta, non ve ne stupiate, della presenza di bambini al bar. È un luogo, quello, da cui le giovanissime generazioni dovrebbero essere, a rigor di logica, escluse, perché i consumi che vi sono proposti non fanno, ovviamente, per loro e se a volte, come dicevamo, può essere necessario portarseli dietro per pura mancanza di alternative, il bar resta comunque uno dei pochi posti in cui la necessità non ha diritto di cittadinanza. tratta, in definitiva, di una istituzione a carattere assolutamente facoltativo dove nessuno può costringerti ad accedere e nessuno può importi delle compagnie improprie.
    Di fatto, quando frequentavo quei locali con maggiore regolarità di oggi, di bambini in giro non se ne vedevano affatto. I frequentatori erano, in genere, o single, o coppie in corso di formazione, o membri spaiati di coppie in libera uscita e nessuna di queste tipologie prevedeva cuccioli al seguito. Oggi, invece, tutto è molto più complicato o capita sempre più spesso che accanto ai tavolini dei dehors sia parcheggiata la carrozzina o che, tra le gambe dei bei giovani e delle belle giovani che celebrano, sui marciapiedi antistanti i locali il rito dell’happy hour, guizzino instancabili i cari trottolini, mettendo a rischio la stabilità di boccali di birra, calici di nero d’Avola o coppe di mojito. Gli sforzi degli adulti affidatari di imporgli una calmata sono, di solito, vani o insignificanti e si capisce anche: i bambini, come credo dicesse Sant’Agostino, sono piccoli, ma non scemi e, rendendosi conto benissimo che i loro accompagnatori sono lì per divertirsi, non vedono perché non debbano divertirsi anche loro. E il loro concetto di divertimento, si sa, è quello di fare più cagnara possibile.
    Il fenomeno, in sé, non ha nulla di inspiegabile. È una delle tante manifestazioni della trasformazione antropologica in cui siamo tuffati. Dipende dalla modifica della popolazione (adulta) dei luoghi di mescita e conversazione e da quella dei riti che vi ci si celebrano. Un tempo, lo ricorderanno i miei coetanei, la struttura dei bar sotto il profilo del genere era fondamentalmente asimmetrica, nel senso che, pur non essendo chiusi al bel sesso, restavano un luogo di socialità e di cultura essenzialmente maschili. Uomini soli e gruppi di soli uomini se ne incontravano a bizzeffe, mentre le presenze femminili isolate erano molto più rare.
    Oggi la situazione è cambiata. Uomini e donne vi ci si incontrano su un piede di parità, vi ci si relazionano, vi ci si corteggiano, e se in passato quando il corteggiamento giungeva a buon fine la nuova coppia spariva dal locale, nel senso che da lì in poi provvedeva a organizzare le proprie serate su un piano più casalingo, adesso lui e lei non vedono il motivo di non continuare a frequentare il posto, anzi, lo considerano spesso un punto di riferimento della propria esperienza sentimentale. è ovvio, così, che quando la loro unione viene benedetta dal cielo (bisogna stare attenti a come si parla, in questi tempi di Family Day) nessuno dei due trova qualcosa di strano nell’idea di portarci il frutto dei loro amori. D’altro canto, anche per loro vale la logica, pur contraddittoria, della necessità: a quell’ora tutte le possibili baby sitter sono anch’esse a prendere l’aperitivo e di nonni disposti a ninnare i nipotini perché il figlio e la nuora (o la figlia e il genero) possano fare l’happy hour non se trovano molti.
    Tutto questo è incontestabile e, in un certo senso, ineludibile. Pure, la presenza in quei luoghi di tanti fanciullini inquieti continua a sembrarmi se non proprio da deprecarsi, qualcosa, almeno, che si dovrebbe trovar modo di scoraggiare. Non emanando divieti, naturalmente, che è prassi che non sta mai bene e di rado funziona, ma facendo appello, se mai, a quel che di pietà che nei cuori dei papà e delle mamme dovrebbe ben allignare. é è facile essere spietati con i bambini, costringerli a pratiche e frequentazioni che non gli si addicono in nome delle proprie necessità ed esigenze, tra cui massime quella di non rinunciare comunque alle proprie consuetudini e predilezioni, ma, insomma, a tutto c’è un limite. Pensino quei genitori alle conseguenze cui rischia di andare incontro la loro prole. I figli, si sa, hanno una tendenza tutta loro a ribellarsi alle costrizioni subite da piccoli e in base alla logica per cui dalle famiglie laiche esce una quantità impressionante di aspiranti seminaristi e la progenie delle coppie cielline più pie denota spesso una sorprendente simpatia per il libero pensiero è altamente probabile che i bambini condotti da piccoli ad annoiarsi al bar diventino, da adulti, nemici accaniti dei pubblici locali, nonché astemi impenitenti. Che è, credetemi, un vero peccato, perché è stato il figlio di Semele e di Zeus a elargire ai mortali, conforto agli affanni, il dolce gin e il dolce martini dry e non c’è niente che meglio valga a lenire i morsi dello Zeitgeist che quattro chiacchiere al bancone ogni tanto. E se i pargoli in questione, crescendo, vorranno astenersi da ciò, nessuno glielo impedirà, ma questo non è un buon motivo per indirizzare già da ora i loro piedini sul cammino di una Virtù che, se imposta, tende a identificarsi troppo spesso con una mezza fregatura.

    20.05.’07