Avercene

La caccia | Trasmessa il: 04/05/2009


    Leggo che il senatore Gaetano Quagliarello, “di professione storico” e “convinto teocon” (dev'essere quello che quando è morta Eluana Englaro si è messo a gridare “Assassini!” ai colleghi dell'opposizione), ha regalato al suo ex leader, Gianfranco Fini, che si è permesso di approvare in pubblico la sentenza con cui la Consulta ha segato la legge 40, quella sulla procreazione assistita, una copia di Libertà e cristianesimo di Alexis de Tocqueville. Questo per fargli capire che il vecchio modello di “laicità statalista” non funziona più e che si può benissimo essere laici tenendo conto delle opinioni espresse dalla chiesa. Lo ha ammesso – dice – anche Sarkozy, da cui il presidente della Camera farebbe bene a prendere qualche lezione.
    Il problema, naturalmente, non riguarda tanto Sarkozy, quanto cosa si intende per “tener conto”. Comunque, il messaggio, chiarissimo sul piano politico, può destare qualche perplessità su quello storico e filologico, perché Tocqueville, che io sappia, non ha mai dato alle stampe un Libertà e cristianesimo. Sotto quel titolo si cita generalmente un articolo che il pensatore francese scrisse, ma non pubblicò, nel 1844 e che figura oggi nell'antologia Un ateo liberale, a cura di Paolo Ercolani, un titolo cui dubito molto che un vero teocon o teodem possa serenamente accostarsi. Comunque, il futuro autore de L'ancien régime, pur confermando in quelle pagine il suo rifiuto dell'anticlericalismo giacobino, perché “anche se i preti si sono mostrati spesso ostili alla libertà” lui è convinto che “alla libertà la religione sia necessaria”, vi auspica – da non credente – la concordia fra religione e politica, ma a a patto che restino “ciascuna nel suo ambito”, e aggiunge che se una rissa tra le due parti può essere fatale a entrambe, così lo è “l'azione dello Stato intesa ad associarsi la Gerarchia”. Un esempio positivo Tocqueville lo trova, more solito, negli Stati Uniti, un paese profondamente religioso in cui pure chiesa e stato erano – e tutto sommato restano – ben separati. Insomma, la sua è una posizione moderata di compromesso, ma di quelle, comunque, di cui gran parte dei laici moderni sarebbe fin troppo felice di accontentarsi. Non c'è in quelle parole nulla in cui possano rispecchiarsi le posizioni dei vari Quagliarello e delle varie Binetti, per non parlare, naturalmente, di Comunione e Liberazione, dell'Opus Dei, dei Legionari di Cristo e di tutte le altre organizzazioni di cui coloro sono fautori. Non c'è, insomma, nessuna pericolosa confusione tra “tener conto” e “attenersi a”.
    Poco male, comunque. Perché, se posso azzardare un'ipotesi personale, che non vuole in alcun modo mancare di rispetto alla terza carica dello stato, sono abbastanza convinto che Fini quel libro non lo leggerà mai. Anzi, per essere sincero fino in fondo, secondo me si può nutrire qualche dubbio persino sul fatto che l'abbia letto lo stesso senatore Quagliarello, quale che sia la sua professione. Non si addice ai postfascisti la riflessione sulle origini del liberalismo, com'è improbabile che i devoti di Ratzinger siano i più adatti a definire la portata e lo spettro ideologico del pensiero laico. Oggi citare Tocqueville va piuttosto di moda, leggerlo forse un po' meno e tener conto delle sue tesi, almeno tra i nostri politici, di ambo le parti, assolutamente no. In fondo, quando Pio IX pubblicò il Motu proprio sulla rivoluzione romana del 1849, il vecchio Alexis, che pure era stato ministro di quel governo francese cui il pontefice doveva il ritorno sul trono, gliene disse di ogni. Provate a immaginare un teocon di oggi che attacca il papa per quanto sostenuto in una enciclica e vi renderete conto della differenza.
    05.04.'09

    Nota

    Un ateo liberale – Religione, politica e società, a cura di Paolo Ercolani (2008) è pubblicato dalle edizioni Dedalo.