Armi segrete

La caccia | Trasmessa il: 03/28/2010


    Vi parlavo, or è una settimana, di come le autorità della Chiesa e i loro portavoce più o meno ufficiali addebitino gran parte dei guai che affliggono questo nostro mondo, compresa la diffusione della pedofilia, nel clero e altrove, alla “rivoluzione sessuale” degli anni '60 e '70 del secolo scorso. Da un clima di così marcato permissivismo, da una liberalizzazione che ha fatto piazza pulita di un sistema di divieti che, bene o male, reggeva da secoli, vescovi e cardinali non si aspettano niente di buono e non sarà un caso se le loro instancabili polemiche con il mondo laico vertano sempre e comunque sui problemi della vita di coppia e della procreazione, come se solo questi temi, stringi stringi, debbano essere considerati “eticamente sensibili”. È inevitabile, probabilmente, vista la storia e la sociologia dell'organizzazione ecclesiastica, ma è indubbio che tanta pervicacia, almeno a occhi diffidenti, possa apparire ossessiva.
    Ignoravo però, domenica scorsa, come la diffusione del nuovo permissivismo abbia avuto, in quegli anni, un'importante funzione che, forse, il cardinal Ruini e i suoi pari non avrebbero del tutto disapprovato. Mi era sfuggita l'anticipazione, pubblicata da “Repubblica” il 17 marzo precedente, di un intervento predisposto per il “Film Forum 2010”, destinato a svolgersi tra il 19 al 24 successivi tra Udine e Gorizia sul tema de “l'immaginario pornografico”. Secondo l'autore, Mario Perniola, uno studioso che tra i tanti suoi interessi ha coltivato soprattutto quelli dell'estetica e della critica delle comunicazioni di massa, l'inspiegabile successo di quell'improvvisa deregulation negli Stati Uniti e nell'Europa occidentale è dovuto essenzialmente a motivi politici. “La Rivoluzione sessuale” a suo avviso “è stata un aspetto della guerra fredda contro il comunismo”, un aspetto, anzi, “molto più efficace dei missili e della bomba atomica”. Non si spiega altrimenti come mai delle idee tutto sommato datate, idee che il povero povero Wilhelm Reich predicava fin dai lontani anni '30, abbiano avuto un'improvvisa via libera, scavalcando ogni precedente censura. È vero che il carattere “straordinario e anomalo” del fenomeno si può spiegare con “il venir meno delle due grandi paure connesse con i rapporti sessuali: la scoperta di una cura capace di sconfiggere la sifilide e la commercializzazione della pillola anticoncezionale”, ma “queste interpretazioni non sono sufficienti a spiegare un fenomeno di massa così rivoluzionario, che smantella in pochi anni tabù e divieti secolari”. Forse è più ragionevole la spiegazione per cui “insieme alla disponibilità di beni materiali e di consumi, la deregolamentazione sessuale dell'Occidente ha costituito qualcosa di molto più attraente dei Piani quinquennali sovietici”.
    Posta in questi termini, l'affermazione è indiscutibile, anche se – a dire il vero – negli anni '60 di piani quinquennali in Unione Sovietica non se ne facevano più. Se a tanti di noi questo aspetto del problema era affatto sfuggito, è stato probabilmente perché non avevamo, sul comunismo e il capitalismo, le idee abbastanza chiare. Dopo tutto, ai nostri tempi, i vescovi erano soliti denunciare, tra gli infiniti mali che il comunismo ateo induceva nel mondo, anche la diffusione del libero amore, una convinzione non molto diversa da quella dei nostri coetanei che andavano in speranzoso pellegrinaggio oltrecortina nella fiducia che Mosca o Budapest fossero più prodighe di avventure che non, per esempio, Atene o Madrid. Ma che l'immagine di Woodstock fosse più attraente di quella delle “città nuove” della Siberia, be', questo resta poco ma sicuro e non mi dispiacerebbe sapere, per fargli tanto di cappello, quale genio della comunicazione, quale prodigioso brain trust occidentale abbia avuto l'idea di giocare quella carta per dare una svolta definitiva alla Guerra Fredda. O forse un simile stratega individuale o collettivo non è mai esistito e siamo di fronte a una delle ennesime manifestazioni dell'Astuzia della Ragione. Nel qual caso, si potranno scusare vescovi e cardinali, che non sono tenuti a conoscere Hegel, e non si sono quindi potuti rendere conto di come la loro diuturna lotta contro il bolscevismo, uno sforzo prolungato che ha unito nello stesso progetto storico un papa Pacelli e un papa Wojtyla, abbia trionfato solo a scapito della castità e della continenza di massa.
    Speriamo, almeno, che non se ne siano resi conto. Perché sarebbe stato un bivio ben angoscioso, per un uomo di Chiesa ligio alla dottrina, dover scegliere tra l'ateismo di Stato e i rapporti prematrimoniali, tra la confisca dei beni ecclesiastici e l'aborto ambulatoriale, tra l'ortodossia marxista e quella reichiana.
    Certo, in Italia a tali discrimini l'episcopato non è ancora giunto. I nostri vescovi riescono a coniugare benissimo il no al comunismo (come ha dimostrato, in questi giorni, il loro appoggio, discreto ma inequivocabile a chi contro il comunismo si batte) e la difesa dei valori etici tradizionali. Credono ancora, gli ingenui, che un trionfo della sinistra potrebbe comportare la diffusione a macchia d'olio della pillola abortiva e del matrimonio tra i gay. Non sanno, poveracci, che il dilemma sta per riproporsi loro in forma ancora più grave. Oggi, ci spiega il nostro testo, sparita l'Unione Sovietica e svanito l'impero del male, il pericolo che incombe su di noi è quello dell'integralismo islamico. E anche contro di esso sta operando la strategia della liberalizzazione, nello specifico della liberalizzazione della pornografia, che “offre al mondo intero (ma soprattutto a quello islamico) una sfida di proporzioni colossali: l'immagine del paradiso in terra, qui e subito. Immagine che ormai, grazie al Web2 e a You-Tube è ormai disponibile ovunque “gratuitamente e per un tempo limitato”.
    Mi permetterete di non seguire l'autore in questa seconda parte del suo ragionamento. Non ho abbastanza dimistichezza con la pornografia per sapere se davvero possa rappresentare “il paradiso in terra”, per non dire dei danni che ne verrebbero alla cultura del fondamentalismo islamico. Ma è ben strana, me lo concederete, questa concezione della liberalizzazione – qualsiasi liberalizzazione – come risultato dello scontro tra due opposte volontà repressive. È strano pensare che un progresso, se progresso vogliamo considerarlo, abbia avuto origine da una strategia mirata per abbattere l'altro. Se dovessi azzardarmi a esprimere una ipotesi sul senso della rivoluzione sessuale nel mondo di oggi (e non solo in Occidente), la vedrei piuttosto come lo scatenarsi di una contraddizione interna alla società, un caso manifesto di usura progressiva del quadro ideologico, per cui certi antichi divieti, fondati su una organizzazione sociale arcaica, si sono trovati svuotati di significato e carenti di giustificazioni plausibili. A spanne e azzardando una formula forse un po' semplicistica, direi che l'etica del patriarcato non ha retto alle condizioni di vita della società industriale. Un processo che è tuttora in atto, difficile, faticoso e dagli esiti altrettanto contraddittori, il che spiega la precarietà dei risultati, il rischio di vederli continuamente ribaltati e lo zelo con cui le ideologie storiche, comprese quelle della chiesa e del fondamentalismo islamico, cercano di contrastarlo. Ma un processo, vivaddio, che ci riguarda tutti e certamente non giova, inserendosi in un'ottica di liberazione, a chiunque partecipi del potere.
    Da questo punto di vista, non è che il cardinale Ruini abbia poi tutti i torti.
28.03.'10