A chi volete che importi

La caccia | Trasmessa il: 05/08/2005



Mi auguro per voi che non abbiate sperato davvero che la Corte di Cassazione avrebbe fatto “giustizia” (con le virgolette) sulla strage di piazza Fontana.  Secondo me, se vi interessa il mio – faziosissimo – punto di vista, non sarebbe stata fatta giustizia nemmeno se gli imputati fossero stati condannati in blocco.  Questo ultimo troncone del processo era il  frutto di indagini troppo tardive, fondate su rivelazioni troppo poco attendibili perché ne potesse uscire una qualche credibile verità giudiziaria.  Una attribuzione definitiva delle responsabilità ai neofascisti avrebbe contribuito, forse, ad avvalorare un’interpretazione storico politica dei fatti, ma questo, per fortuna, non è compito dei giudici, cui si chiede di decidere soltanto sulle responsabilità personali e che non dovrebbero tener conto, in teoria, delle petizioni di principio.  Quel tipo di verità, se mai, la abbiamo scritta noi, in questi anni di rifiuto delle versioni che ci venivano di volta in volta proposte dall’alto e di essa, tutto sommato, dobbiamo saperci accontentare.  Quanto ai tribunali, possiamo ammettere che negli anni non sono mancati i magistrati che hanno cercato di fare del loro meglio, ma l’istituzione giudiziaria nel suo complesso condivide con il potere politico una non piccola parte della responsabilità per come sono andate le cose.  Se l’è assunta fin dall’inizio con la incriminazione degli anarchici e poi con gli spostamenti e i rinvii dei processi e la reiterata incapacità di giungere a una conclusione definitiva e i cittadini non possono che tenerne conto.
Non che sia facile.  Nemmeno il più scrupoloso dei cronisti, oggi, potrebbe ricostruire quell’estenuante percorso a zigzag tra procure e tribunali.   Del resto si è appreso, proprio in questi giorni, che la stessa documentazione materiale di quegli eventi, nel senso delle carte custodite in non ricordo più quale archivio, è in stato di avanzata decomposizione.  La suprema Corte, i cui interventi, in passato, hanno negato credibilità alle varie ipotesi inquirenti, anche questa volta non poteva far altro di quello che ha fatto.  Non poteva, ahimè, neanche esimersi dal condannare  i parenti delle vittime a pagare le spese di giudizio.  Non è stata questa una beffa, come si è scritto, né una caduta di stile, cui si possa rimediare con un intervento di tipo caritativo: si è trattato, al contrario, dell’inevitabile conferma dello stile di uno stato e di una classe dirigente che per i propri errori non hanno mai pagato e non intendono certo cominciare a pagare.
        D’altronde, sarà ben lecito dubitare che abbia senso una sentenza – qualsiasi sentenza – pronunciata a trentacinque anni dai fatti.  Ci vuole un bello sforzo, anche per noi che eravamo adulti già allora, per ricordare com’era l’Italia ai tempi di piazza Fontana.  Erano anni incasinati assai, ma pieni, per così dire, di prospettive interessanti.  Le speranze di una trasformazione radicale della nostra società non erano, come d’uso, limitate a una minoranza più o meno illuminata, ma costituivano il patrimonio di un movimento un po’ incerto quanto a strumenti di interpretazione, ma dallo straordinario radicamento sociale e dalla forte coscienza di sé, nonché libero, in parte, dalle pastoie ideologiche più diffuse.  Non che la rivoluzione fosse proprio dietro l’angolo, checchè ne pensassero alcuni di noi, ma qualcosa si poteva sperare comunque di fare.
         Dal punto di vista di chi gestiva il potere, naturalmente, era troppo.  Per questo furono messe le bombe.  Furono messe, con la spietata, determinazione che ha sempre caratterizzato certi apparati burocratici, per ricondurre quel movimento ad ambiti ideologici e organizzativi più controllabili, per portare al potere la destra e per realizzare con tutta calma quella trasformazione culturale e costituzionale che avrebbe trovato la sua espressione più esplicita, pochi anni dopo, nel programma della P2.  Oggi che di movimento non c’è più traccia, che la destra è al potere e che il programma della P2 è stato realizzato quasi per intero, a chi volete che importi sapere come sono andate davvero le cose?   La verità, come diceva quel tale, è sempre rivoluzionaria.  Non una cosa, quindi, che si possa cercare nei tribunali.

08.05.’05