Un articolo qualsiasi, su un giornale
(il Corriere della Sera di lunedì 1° febbraio, oggi ce l’abbiamo proprio
con Via Solferino) che, pur sostenendo, di solito, una normale posizione
filoatlantica e filogovernativa sui problemi del Medio Oriente, non è alieno,
ogni tanto, da qualche gesto di buona volontà informativa. Ma stavolta
no, stavolta abbiamo sotto gli occhi un articolo qualsiasi, di quelli che,
pur essendo datati da Baghdad o da Amman o da qualche altra capitale della
zona sono evidentemente confezionati in redazione, con le notizie che le
agenzie riversano ininterrottamente sui monitor dei giornalisti. E
infatti vi si riferiscono le solite banalità: vi si legge che sul cielo
irakeno si succedono i raid anglo americani, che a ogni missile che arriva
a destinazione i comandi alleati dichiarano di aver agito per legittima
difesa, che “la prova di forza e di nervi con il regime di Bagdad non
sembra produrre al momento nessun risultato” perché “Saddam Hussein si
è opposto … all’ultima iniziativa del Consiglio di Sicurezza sulla creazione
di tre commissioni incaricate di valutare lo stato delle relazioni con
l’Iraq.”
Niente
di nuovo, dunque e niente di interessante. Tanto, ormai, sull’argomento
si è scritto di tutto e tutti hanno, allo stato, le loro opinioni. Il
punto di vista per cui i raid e l’imbargo sono forse una cosa spiacevole,
ma è Saddam che proprio se li cerca, domina incontrastato l’opinione pubblica
e non bastano certo le proteste di pochi pacifisti o di pochi analisti
di cose internazionali per far prevalere a livello di grande stampa un
giudizio più equilibrato.
Forse
è per questo che l’estensore (anonimo) del nostro articolo ha deciso di
sfruttare una delle informazioni colte sul monitor per guadagnare – diciamo
così – qualche punto di più. Il problema, per il medio giornalista
governataivo, è quello di trovare qualche argomento in più per sostenere
la posizione americana e svalutare quella irakena. Ora, i raid, si
sa, non sono una bella cosa e per quanto Saddam se li meriti è meglio sempre
lasciarli in secondo piano. Anche l’embargo, con i suoi effetti
disastrosi sulla popolazione civile, non è esattamente una chicca, ma sull’embargo…
be’, sull’embargo qualcosa di più si può dire. Si può scrivere,
per esempio, che non è grave come lo si dipinge. Detto fatto: “il
sistema delle sanzioni imposto dall’ONU nel 1990 … è stato da tempo alleggerito
con l’accordo ‘petrolio in cambio di cibo’”. Le sanzioni in sé,
benché siano “utilizzate dal regime come arma di propaganda presso la
popolazione”, sono, in realtà, sempre meno rigide. E perché l’affermazione
non venga considerata gratuita, si fanno saltare dal cappello un paio di
dati precisi. “Da ieri” sentite un po’ “ la razione alimentare
distribuita ai civili da nove mesi a questa parte include anche 140 grammi
di formaggio a persona. Un nuovo alimento che si va ad aggiungere
a farina, riso, zucchero, tè, latte in polvere, sale da cucina, distribuiti
al prezzo simbolico di 150 dinari, meno di 200 lire.”
Il
commento è sottinteso, ma inequivocabile. Per meno di 200 lire questi
benedetti irakeni si possono approvvigionare di ogni ben di Dio. Farina,
riso, zucchero, tè, sale, latte in polvere e, come se non bastasse, 140
grammi di formaggio. E hanno anche il coraggio di lamentarsi. Propaganda,
insomma: tutta propaganda.
Il lettore non può che essere d’accordo.
Lui sa che 140 grammi di formaggio non sono una cosa da niente. La
media formella di crescenza che appare periodicamente sulla sua tavola
non pesa molto di più. E la maggior parte delle diete con cui periodicamente
si misura non gliene concedono, a pasto, che la metà, o ancora meno.
E a lui, naturalmente, quella porzione costa ben più di duecento
lire.
Purtroppo
ci sono molte cose che il lettore, invece, non sa. Non sa, naturalmente,
cosa significhino, in termini di costo della vita, 150 dinari per l’irakeno
medio. Non sa quanto zucchero, quanto tè, quanto latte in polvere,
quanto riso, quanta farina, quanto sale da cucina gli venga assegnato per
quella somma. E non sa, soprattutto, se quei 140 grammi di formaggio
gli vengano distribuiti ogni giorno, ogni mese, ogni settimana o ogni anno.
Che è una cosa che fa la sua bella differenza. Perché tutto
è relativo, i prezzi vanno valutati in base alla capacità di spendere degli
interessati e quando si parla di “dosi” bisogna specificare, oltre alla
quantità del prodotto, anche la frequenza con esso si rende disponibile.
L’articolista non lo fa e basta questo a togliere al suo articolo
qualsiasi valore informativo. Dire che a ogni irakeno sono garantiti
140 grammi di formaggio senza spiegare ogni quanto è come non dire niente
facendo finta di dire qualcosa. È propaganda: una forma perfetta
e probabilmente pianificata di disinformazione.
Però
che vergogna, sul primo e più importante quotidiano del nostro paese.
07.02.’99